mercoledì 15 gennaio 2014

LA PARABOLA DEL RICCO E DEL POVERO

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Un Pensiero sul Vangelo

LA PARABOLA DEL RICCO E DEL  POVERO

 
É una parabola dai colori molto vivi.  Il ricco che si veste di porpora e di lino e che fa pranzo con gli amici tutti i giorni: il povero appoggiato alla porta della sua casa, coperto di ferite, aspetta che qualche persona gli dia un resto da mangiare dalla tavola del ricco e nessuno gli dá e anche i cani venivano a leccare le sue ferite.  Frattanto il quadro cambia di colori.
Il povero entra nella intimitá del seno di Abramo mentre il ricco é tormentato nell'inferno.  Naturalmente perché aveva fatto male uso delle sue ricchezze  in quanto il povero nella sua povertá non aveva perso la fiducia in Dio.



La parabola é una lezione al fine che i ricchi non facciano male uso dei soldi e che i poveri guardino sempre per le mani di Dio, che non li abbandona mai.  Il povero ha sempre il diritto di procurare la sua sorte con il lavoro onesto e competente e non permettere che la sua povertá arrivi al punto della miseria, che mai é stata benedetta dal Vangelo.


La parabola ha una seconda parte veramente istruttiva: il ricco vede il povere nel seno di Abramo in quanto lui soffre nel mezzo del fuoco e chiede a Abramo che mandi Lazzaro a bagnare la sua bocca  con i diti, ma Abramo risponde che tale cosa é impossibile poi fra i due mondi c’ é un abisso invalicabile. Cosa dice il ricco allora ?  Manda Lazzaro ad avvisare i suoi cinque fratelli , raccontando a loro la sua disgrazia affinché siano provvidenti e non vengano a cadere nello stesso posto del suo.  La risposta di Abramo é che loro anno Mosè e i suoi profeti e che lo ascoltino.  Quando il ricco replica che se qualcuno fra i morti andasse da loro, certamente farebbero penitenza, Abramo  risponde che se non ascoltano Mosè e i suoi profeti, anche se un morto resuscitasse per avvisarli, non rimarrebbero convitti. ( Lc 16. 19/31) La grande lezione é questa: ascoltare la parola di Dio che parla attraverso i suo profeti. Non solo Mosè e gli antichi profeti ma anche il Vangelo e il perenne insegnamento della chiesa che é una risonanza del Vangelo in tutti i secoli.

"Chi vi ascolta, ascolta me: chi vi disprezza, disprezza colui che mi ha mandato" come disse Gesú invitando i suoi discepoli a pregare ( Lc. 10.16 e Mc 8.11)   Non aspettare miracoli, poi questo non é il cammino di Dio. É bene riflettere un momento che esiste un " abisso invalicabile" nell'altra vita fra la sorte del ricco e del povero della parabola.  Pure oggi c’ é un grande abisso fra i ricchi e i poveri e si approfondisce sempre di piú. Dentro un piccolo gruppo immensamente ricco e una immensa moltitudine che vive in totale miseria é un disequilibrio che non stá nei piani di Dio e che é la negazione del Vangelo, dove si prega l'amore e la fratellanza.  Il piccolo gruppo di ricchi si trova sempre piú ricco e la multitudine dei poveri si trova sempre piú povera. Non esistono leggi o sistemi economici che siano capaci di correggere questa differenza nefasta. Solo il Vangelo, conosciuto, amato, vissuto integralmente   puó portare un medicinale a tanto grande male.

La ricchezza in sè non é un peccato. Il peccato stá molte volte nella maniera di acquistare queste ricchezze e peggio ancora come utilizzarle,tornandole strumento di vanitá, avarizia ostentazione e esplorazione del prossimo. I soldi sono come i fertilizzanti che accumulati non portano nessun profitto, al contrario, sparsi per la terra la tornano feconda coprendola di frutti abbondanti.
Che l'uomo mai si trovi servo dei soldi e che abbia sempre presente che servono alla prosperitá spirituale e temporale di tutti, portando pace, armonia e felicitá.........

FEDE E UMILTÁ SI COMPLETANO

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Vangelo - Un pensiero

FEDE E UMILTÁ SI COMPLETANO


Un giorno gli apostoli chiesero a Gesú: "Signore, aumentaci la fede " Gesú rispose a cuore aperto: " Se aveste fede quanto una piccola semente di grano, potreste dire: buttati in mare e la semente vi obbedirebbe" ( Lc. 17.5)  Gli evangelisti Matteo e Marco danno una risposta un poco differente che invece di parlare di una semente parlano di una montagna. Ecco il proverbio popolare: " la fede trasporta le montagne."   Non si tratta qui di fede teologica, Gesú sta parlando della fiducia nel potere e bontá di Dio, che viene in nostro incontro in forme piú variate: per Lui niente é impossibile e stá sempre accanto a noi, come un  vero amico fedele.
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Continuando la lettura di questa perícope di San Luca, possiamo dire che se una persona avesse una fede tanto grande che fosse capace di compiere miracoli, deve sapere che Dio non ci ha nessuna obbligazione con questa persona.  Tutto quello che Lui fa, lo fa solo per divina generosità, sopratutto il cielo che ci dará come premio essendo fedeli ai suoi comandamenti, questa é pura grazia della sua bontá.
Nessuno compra il cielo: Dio ha voluto legare questa nostra vita a questo premio, che viene totalmente dalla sua bontá.  Quando Dio  premia i meriti dei suoi santi, in veritá stá premiando i suoi propri meriti, poi tutto quello che esiste in noi é dono di Dio, tutto é grazia, Dio non ci deve niente, noi é che dobbiamo tutto a Lui.
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Gesú disse una piccola parabola Se un uomo avessi un operaio che stesse lavorando fuori nel campo, quando la sera ritorna a casa, il padrone non lo manderá a sedersi a tavola e servirgli lui proprio il pranzo. Per il contrario, l'operaio andrebbe prima a servire il padrone e solo dopo si sederebbe per mangiare. Neppure il padrone avrebbe il dovere di ringraziarlo poi l'operaio starebbe facendo la sua obligazione.  Gesú conclude con semplicitá: "Cosí anche voi, quando avrete fatto quello che vi é stato comandato, dovete dire: abbiamo fatto quello dovevamo fare ( Lc 17.10)
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É un segnale di spirito nobile questa umiltá che deve caratterizzare il nostro servizio, servire con puro spirito di gratuitá.  Questo fa ricordare una lezione della Bibbia, che é rimasta quasi proverbiale: " Dio ama colui che dá con gioia quello che deve dare " Dobbiamo crescere nell'amore alla Sacra Scrittura e in modo speciale al Vangelo, che é il cuore della Bibbia, dove non si incontrano le parole di Dio, ma ci incontriamo con Cristo, parola viva di Dio, luce che é venuta nel mondo per illuminare il tempo e la storia......

É NECESSARIO RINGRAZIARE

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Un pensiero sul Vangelo

                 É NECESSARIO RINGRAZIARE

 
Il Vangelo di oggi ci narra che Gesú curó dieci lebbrosi che camminavano insieme per incontrarlo  e che uno solo tornó indietro per ringraziarlo di averlo curato.  Si erano fermati a una certa distanza dal  Signore perché le leggi erano molto rigide che non permettevano alle persone andare insieme ai lebbrosi: questi malati chiamavano a gran voce:  " Gesú, abbi compassione di noi!"  Gesú li curó e comandó che andassero a presentarsi ai sacerdoti: era questo  che diceva la legge per coloro  che fossero curati dalla lebbra,  dovuto alle verificazioni mediche legali.  Che grande potere di Gesú !

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Questi lebbrosi non pensavano altro a non essere l'immensa gioia di essere curati e ritornare al convivio sociale.  Uno di loro, un samaritano, si ricordó di una cosa molto importante: sentí il grande desiderio di ringraziare e tornó indietro e arrivando davanti il Signore si mise in ginocchio  e inclinando la sua faccia fino in terra ringrazió il Signore che lo aveva curato.  Gesú rimase felice di questo gesto tanto bello ma domandò: " non erano dieci che sono rimasti curati ? "  Dove stanno gli altri ?  Solo questo straniero aveva ringraziato il Signore, gli altri non riconobbero la grazia. Gesú disse al samaritano: " alzati e vai, la tua fede ti ha salvato ! ( Lc 17.11/19)  É da credere che queste parole dettero in lui una immensa onda di pace, piú profonda ancora della gioia della cura.
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La gratitudine é una delle piú nobili virtú del cuore umano.
" Riconoscete le grazie" ci raccomanda S.Paolo nella lettera ai Colossensi ( Cl 3.15)  e in mille altri posti la Bibbia ci indica questa virtú. Niente é piú detestabile che la ingratitudine.
La domanda di Gesú" ..... gli altri nove dove sono ? " sembra che sia lanciata ai quattro lati del mondo, dove s'incontri un ingrato.  Che bello sarebbe che la terra intera fosse un immenso canto di cuore generosi nel riconoscere le grazie ricevute e potesse dire a grande voce: Grazie, Signore !

Perchè lo vedevano, lo udivano ma non lo riconoscevano più?

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Perchè lo vedevano,
lo udivano ma non
lo riconoscevano più?


Teniamo bene in mente il fatto che i discepoli, di fronte a Gesù risorto, lo vedevano, sentivano, toccavano, ma non giungevano ad identificarlo, se non quando lo voleva Lui. Come spiegare questo fatto, anche se, ripetiamolo ancora una volta, non si può tentar di spiegare i misteri della nostra fede, ma semplicemente chiarire gli elementi esterni che li accompagnano. Vediamo di essere più chiari possibile. E' noto che siamo tutti dotati dei soliti cinque sensi: vista, udito, odorato, gusto e tatto. Mediante i quali, prendiamo contatto immediato o mediato con l'oggetto. La vista lo vede, l'udito se è il caso, lo sente, il tatto lo tocca, l'odorato lo fiuta, il gusto lo assaggia, se commestibile. E fin qui non è difficile da comprendersi.
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Questo materiale, a sua volta, viene rinviato dai sensi all'intelletto, insomma alla mente alla quale spetta di giudicare di che cosa si tratti, se di oggetti, di suoni, di sapori e così via.

Ricordate Dante che parla dei sensi abilitati a raccogliere tutto ciò che, poi, viene fatto d'intelletto degno?

Serviamoci di una esemplificazione elementare.

Di fronte ad un'arancia, la vista osserva la forma di globo e il colore appunto arancione,  (l'udito non c'entra), il tatto la tocca, l'olfatto ne fiuta l'odore tipico, il gusto l'assaggia.

Ma è solo la mente che, assommando questi dati e confrontandoli con le idee che ha già acquisto in precedenza, su quel frutto, conclude: è un' arancia.

Dunque non è l'occhio a giudicare se si tratta di arancia o di altro. Né l'udito, né il tatto; ma solo l'intelletto che analizza, sintetizza e ne tira le somme, giudicando di che si tratta.

Accadeva esattamente così anche con il corpo del Cristo risorto.

La vista ne coglieva la forma di un uomo, l'udito ne udiva le parole, i passi, il tatto palpava le mani. In una parola, ciascun discepolo che prendeva contatto con Lui risorto, lo vedeva, sentiva, toccava, mangiava, camminava con lui, né più né meno di come quando accadeva negli anni della convivenza pre pasquale.

Quando, però, si arrivava al punto in cui i sensi inviavano queste percezioni alla mente, il sistema delle coordinate non funzionava più.

Alla mente non arrivava nulla che la portasse ad accertare l'identità vera del personaggio con cui si era giunti a contatto.

Doveva prendere l'iniziativa il Risorto stesso, attraverso un espediente qualsiasi - il timbro della voce, un certo modo di spezzare il pane o di prendere un pezzo di pesce e portarlo alla bocca - per aprire la mente dell'interlocutore e fargli capire, in un baleno (un baleno accecante, ma estremamente convincente), che si trattava proprio di lui, del divino Maestro, visto morire in croce, tre giorni prima!

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E’ proprio dalle dimensioni che riscontreremo nel Corpo risorto del Cristo che dovremo partire per farci un'idea, sia pure assai limitata, di quelle che assumerò il nostro, al momento della sua risurrezione.

La parola del giorno 15/01/2014

♥ Antifona d'ingresso____________
Vidi il Signore su di un trono altissimo:
lo adorava una schiera di angeli e cantavano insieme:
“Ecco colui che regna per sempre”.



† Lettura____________________ 1Sam 3,1-10.19-20
Parla, Signore, perché il tuo servo ti ascolta.

Dal primo libro di Samuèle

In quei giorni, il giovane Samuèle serviva il Signore alla presenza di Eli. La parola del Signore era rara in quei giorni, le visioni non erano frequenti.
E quel giorno avvenne che Eli stava dormendo al suo posto, i suoi occhi cominciavano a indebolirsi e non riusciva più a vedere. La lampada di Dio non era ancora spenta e Samuèle dormiva nel tempio del Signore, dove si trovava l’arca di Dio.
Allora il Signore chiamò: «Samuèle!» ed egli rispose: «Eccomi», poi corse da Eli e gli disse: «Mi hai chiamato, eccomi!». Egli rispose: «Non ti ho chiamato, torna a dormire!». Tornò e si mise a dormire.
Ma il Signore chiamò di nuovo: «Samuèle!»; Samuèle si alzò e corse da Eli dicendo: «Mi hai chiamato, eccomi!». Ma quello rispose di nuovo: «Non ti ho chiamato, figlio mio, torna a dormire!». In realtà Samuèle fino ad allora non aveva ancora conosciuto il Signore, né gli era stata ancora rivelata la parola del Signore.
Il Signore tornò a chiamare: «Samuèle!» per la terza volta; questi si alzò nuovamente e corse da Eli dicendo: «Mi hai chiamato, eccomi!». Allora Eli comprese che il Signore chiamava il giovane.
Eli disse a Samuèle: «Vattene a dormire e, se ti chiamerà, dirai: “Parla, Signore, perché il tuo servo ti ascolta”». Samuèle andò a dormire al suo posto. Venne il Signore, stette accanto a lui e lo chiamò come le altre volte: «Samuèle, Samuèle!». Samuèle rispose subito: «Parla, perché il tuo servo ti ascolta».
Samuèle crebbe e il Signore fu con lui, né lasciò andare a vuoto una sola delle sue parole. Perciò tutto Israele, da Dan fino a Bersabea, seppe che Samuèle era stato costituito profeta del Signore.

Parola di Dio


† Il Vangelo del giorno (Daily Gospel)_________________
Mc 1,29-39
Gesù guarì molti che erano afflitti da varie malattie.

+ Dal Vangelo secondo Marco

In quel tempo, Gesù, uscito dalla sinagoga, subito andò nella casa di Simone e Andrea, in compagnia di Giacomo e Giovanni. La suocera di Simone era a letto con la febbre e subito gli parlarono di lei. Egli si avvicinò e la fece alzare prendendola per mano; la febbre la lasciò ed ella li serviva.
Venuta la sera, dopo il tramonto del sole, gli portavano tutti i malati e gli indemoniati. Tutta la città era riunita davanti alla porta. Guarì molti che erano affetti da varie malattie e scacciò molti demòni; ma non permetteva ai demòni di parlare, perché lo conoscevano.
Al mattino presto si alzò quando ancora era buio e, uscito, si ritirò in un luogo deserto, e là pregava. Ma Simone e quelli che erano con lui, si misero sulle sue tracce. Lo trovarono e gli dissero: «Tutti ti cercano!». Egli disse loro: «Andiamocene altrove, nei villaggi vicini, perché io predichi anche là; per questo infatti sono venuto!».
E andò per tutta la Galilea, predicando nelle loro sinagoghe e scacciando i demòni.

Parola del Signore


† Salmo______________________
Sal 39
Ecco, Signore, io vengo per fare la tua volontà.
Ho sperato, ho sperato nel Signore,
ed egli su di me si è chinato,
ha dato ascolto al mio grido.
Beato l’uomo che ha posto la sua fiducia nel Signore
e non si volge verso chi segue gli idoli
né verso chi segue la menzogna.

Sacrificio e offerta non gradisci,
gli orecchi mi hai aperto,
non hai chiesto olocausto né sacrificio per il peccato.
Allora ho detto: «Ecco, io vengo.

Nel rotolo del libro su di me è scritto
di fare la tua volontà:
mio Dio, questo io desidero;
la tua legge è nel mio intimo».

Ho annunciato la tua giustizia
nella grande assemblea;
vedi: non tengo chiuse le labbra,
Signore, tu lo sai.  


Commento: Gesù si alza molto prima dell’alba. Esce e se ne va in un luogo deserto, nella notte, e là prega. Quando gli apostoli, che lo cercano, infine lo trovano, egli dice loro: “Andiamocene altrove per i villaggi vicini, perché io predichi anche là; per questo infatti sono venuto!”. Egli dice di essere venuto per proclamare la “Buona Novella” e, tuttavia, quando è uscito, non si è trovato in mezzo alla folla. Prima dell’alba, nella notte, egli ha cercato un luogo deserto. Il Vangelo ci dice: “E là pregava”. Come è triste sapere che il più delle volte la preghiera è presentata come una domanda.
Per la maggior parte di coloro che lo sentono, il termine preghiera ha solo questo significato immediato.
Così è un momento decisivo nella nostra vita quando ci rendiamo conto che la preghiera è innanzi tutto adorazione! Essa è come quei pannelli solari che producono energia semplicemente dal loro essere stesi ed esposti alla luce. La preghiera è prima di tutto questa adorazione, questa gioia che noi esprimiamo nella più splendida parola d’amore che possa esistere: “Noi ti rendiamo grazie”. Grazie per che cosa? Per qualche dono? No di certo. Nel “Gloria” diciamo: “Noi ti rendiamo grazie per la tua gloria immensa”. Grazie per te. È un po’ come il bambino che, in un momento di tenerezza, si getta fra le braccia della mamma e le dice: “Grazie, mamma, perché tu sei proprio tu”. La preghiera è prima di tutto questa adorazione silenziosa; non occorrono parole. Questa adorazione non è certo lontana da ogni preoccupazione. È per questo che dobbiamo chiedere l’aiuto di Dio. Come potremmo essere nell’adorazione di Dio in questo modo, se non fossimo nello stesso tempo feriti, preoccupati da tutta la sofferenza che c’è attorno a noi, dagli sforzi per i compiti che siamo chiamati a svolgere, dalle liberazioni di cui abbiamo bisogno, noi come tanti altri attorno a noi?
L’adorazione è al tempo stesso parola e silenzio. È un silenzio pieno, portatore di tutti i gemiti che sono in noi e che sono attorno a noi. È preghiera in senso pieno solo quella che si fa in silenzio, in una muta presenza. Raramente ci viene riferito questo episodio di cui è stato testimone il curato d’Ars. Egli passava molto tempo nella sacrestia per preparare laboriosamente le sue prediche, poiché non aveva una profonda cultura. Si stupiva nel vedere ogni sera un contadino, un uomo molto semplice, senza istruzione, che, al ritorno dal lavoro, dopo aver lasciato i suoi zoccoli alla porta, entrava in chiesa, si metteva in un angolo e rimaneva per molto tempo immobile e silenzioso. Il curato d’Ars stesso racconta che una volta non si trattenne dalla voglia di chiedergli: “Ma, amico mio, che cosa fa qui?”. L’uomo gli rispose nel suo dialetto della regione di Dombes: “Oh, signor curato, io lo guardo e lui mi guarda”. Quest’uomo così semplice era arrivato ad un altissimo grado di perfezione nella preghiera. Impariamo così, prima di affrontare i doveri della giornata, ad esporci, come Gesù, alla luce che ci riempirà d’energie, in questa preghiera semplice d’amore, d’adorazione: “Grazie, Signore, noi ti rendiamo grazie per il tuo splendore”.

 

La frase del giorno 15 Gennaio

La vita è un dono meraviglioso.

 
Fanne tesoro, apprezzala e usala al massimo,
dedicando il tuo tempo alle cose che contano veramente.

Gocce di vita

 
“Non hanno bisogno
del medico i sani,
ma gli ammalati;
non sono venuto a
chiamare a penitenza
i giusti, ma i peccatori”.
(Lc. 5,31)