giovedì 27 marzo 2014

Se la fede è malfondata - Mt 7,21-27


1. Case da rifondareNon è necessario un grande uragano per spazzare via una casa costruita su fondamenta fragili. A volte la casa viene giù per la fatiscenza dei materiali con cui costruita. Nel mondo tutto si usura con il passare del tempo, anche le religioni, e spesso è necessario rifondarle per dar loro una nuova vita.
La parola «rifondazione», utilizzata in architettura e in politica, può essere usata anche in religione. In accentuate situazioni di decadenza o in mutate situazioni storiche, i capi religiosi si riuniscono in concilî, sinodi, assemblee, non per cambiare (spesso anche per cambiare), ma per formulare in modo nuovo le antiche verità che sono alla base della loro fede.
Mt 7 sembra suggerire una tale necessità anche riguardo alla Chiesa, là dove si legge: “In quel tempo molti mi diranno: Signore, Signore [2], non abbiamo forse profetato nel tuo nome? E nel tuo nome non abbiamo forse scacciato demoni? E nel tuo nome non abbiamo forse compiuto molti prodigi? Ma allora io dichiarerò: Non vi ho mai conosciuti. Allontanatevi da me, voi che operate l’iniquità” [3] (vv. 22-23).

2. Il lamento di GesùIn questo lamento Gesù dice ai suoi discepoli che, pur profetando, cacciando demoni e facendo prodigi, si sono allontanati dallo spirito del suo Vangelo, e perciò dichiara di «non riconoscerli» come suoi discepoli, perché sono diventati «operatori di iniquità»: li rimprovera, cioè, di essersi allontanati dalla «via della giustizia» divina, che è quella dell’amore (cfr. Mt 25).
È appunto questa la causa del rimprovero: hanno ridotto la religione a una questione di devozioni personali, in cui stanno in primo piano i fenomeni del prodigioso (oggi si direbbe del paranormale). A costoro Gesù dichiara che queste loro opere non sono quelle da lui richieste per realizzare il nuovo corso religioso da lui annunciato nel suo Vangelo.
Le devozioni e la pietà popolare, che tendono all’intimistico e al prodigioso, non sono per sé un male, ma lo diventano quando sostituiscono del tutto l’unico programma religiosamente valido, quello meditato nel vangelo di domenica scorsa con queste parole di Gesù: “Cercate prima il Regno di Dio e la sua giustizia”. Tutto il resto viene dopo (Mt 6,13), molto dopo.

3. Un pendaglio sulla fronte
Per capire perfettamente il senso del rimprovero rivolto da Gesù ai suoi discepoli è necessario collegare questo brano al brano finale del vangelo secondo Matteo, quello che precede il racconto della passione di Gesù. Nel Vangelo tutto tiene, ed ogni parola di Gesù è coordinata alle altre. Nel cap. 25 di Matteo, quello del giudizio finale, Gesù condanna i suoi discepoli che non lo avranno accolto, sfamato, vestito, aiutato, nella persona dei poveri.
È questo il primo punto del programma di Gesù. Poi vengono i riti, le devozioni, le opere monumentali della teologia, della mistica, dell’arte, della pastorale e del diritto, che hanno gratificato anche umanamente la vita dei suoi discepoli ed hanno contrassegnato la storia dell’Oriente e dell’Occidente.
In Dt 11 Mosè, presentando agli israeliti il Decalogo, dice: “Porrete nel cuore e nell’anima queste mie parole, ve le legherete alla mano come un segno, e le avrete come un pendaglio tra gli occhi” (v. 18). L’insegnamento vale anche per i cristiani. Se il Vangelo di Gesù non diventerà per loro una visione di vita e un programma operativo, poco conterà per loro l’essere stati i costruttori della storia d’Europa e magari di tutto il mondo. Questo non basterà a salvarli dal giudizio divino su di loro e sulla loro Chiesa.

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