martedì 28 gennaio 2014

Meditazione del giorno - Papa Francesco - 28/01

“Chi compie la volontà di Dio, costui è mio fratello, sorella e madre”
 
    Nella parabola del seminatore, san Luca riporta queste parole con cui Gesù spiega il significato del "terreno buono": « Sono coloro che, dopo aver ascoltato la Parola con cuore integro e buono, la custodiscono e producono frutto con perseveranza » (Lc 8,15). … La menzione del cuore integro e buono, in riferimento alla Parola ascoltata e custodita, costituisce un ritratto implicito della fede della Vergine Maria. Lo stesso evangelista ci parla della memoria di Maria, di come conservava nel cuore tutto ciò che ascoltava e vedeva, in modo che la Parola portasse frutto nella sua vita. La Madre del Signore è icona perfetta della fede, come dirà santa Elisabetta: « Beata colei che ha creduto » (Lc 1,45).

    In Maria, Figlia di Sion, si compie la lunga storia di fede dell’Antico Testamento, con il racconto di tante donne fedeli, a cominciare da Sara, donne che, accanto ai Patriarchi, erano il luogo in cui la promessa di Dio si compiva, e la vita nuova sbocciava. Nella pienezza dei tempi, la Parola di Dio si è rivolta a Maria, ed ella l’ha accolta con tutto il suo essere, nel suo cuore, perché in lei prendesse carne e nascesse come luce per gli uomini. … Nella Madre di Gesù, infatti, la fede si è mostrata piena di frutto, e quando la nostra vita spirituale dà frutto, ci riempiamo di gioia, che è il segno più chiaro della grandezza della fede. Nella sua vita, Maria ha compiuto il pellegrinaggio della fede, alla sequela di suo Figlio (Vaticano II, LG 58). Così, in Maria, il cammino di fede dell’Antico Testamento è assunto nella sequela di Gesù e si lascia trasformare da Lui, entrando nello sguardo proprio del Figlio di Dio incarnato.

SALMO 1

La beatitudine del giusto


1  Beato l’uomo che non entra nel consiglio dei malvagi,
   non resta nella via dei peccatori
   e non siede in compagnia degli arroganti,

2  ma nella legge del Signore trova la sua gioia,
   la sua legge medita giorno e notte.

3  È come albero piantato lungo corsi d’acqua,
   che dà frutto a suo tempo:
   le sue foglie non appassiscono
   e tutto quello che fa, riesce bene.

4  Non così, non così i malvagi,
   ma come pula che il vento disperde;

5  perciò non si alzeranno i malvagi nel giudizio
   né i peccatori nell’assemblea dei giusti,

6  poiché il Signore veglia sul cammino dei giusti,       
   mentre la via dei malvagi va in rovina.

  


L'immagine dell'albero (1,3). Legato al ritmo delle stagioni e portatore di frutti, l'albero era per gli antichi simbolo di vita e di fertilità. Nella Bibbia è frequente il ricorso al simbolismo vegetale. L'uomo retto è paragonato a un albero rigoglioso (Salmo 92,13: «Il giusto fiorirà come palma, crescerà come cedro del Libano»), mentre il malvagio è paragonato a un albero che non produce frutto. Anche nel Nuovo Testamento è abbastanza comune questo paragone (Matteo 7,15-20).

Vangelo secondo Matteo

1. LA GENEALOGIA DI GESU' E LA SUA NASCITA

1Genealogia di Gesù Cristo figlio di Davide, figlio di Abramo. 2Abramo generò Isacco, Isacco generò Giacobbe, Giacobbe generò Giuda e i suoi fratelli, 3Giuda generò Fares e Zara da Tamar, Fares generò Esrom, Esrom generò Aram, 4Aram generò Aminadàb, Aminadàb generò Naassòn, Naassòn generò Salmon, 5Salmon generò Booz da Racab, Booz generò Obed da Rut, Obed generò Iesse, 6Iesse generò il re Davide.
Davide generò Salomone da quella che era stata la moglie di Uria, 7Salomone generò Roboamo, Roboamo generò Abia, Abia generò Asaf, 8Asaf generò Giòsafat, Giòsafat generò Ioram, Ioram generò Ozia, 9Ozia generò Ioatàm, Ioatàm generò Acaz, Acaz generò Ezechia, 10Ezechia generò Manasse, Manasse generò Amos, Amos generò Giosia, 11Giosia generò Ieconia e i suoi fratelli, al tempo della deportazione in Babilonia.
12Dopo la deportazione in Babilonia, Ieconia generò Salatièl, Salatièl generò Zorobabele, 13Zorobabele generò Abiùd, Abiùd generò Eliachìm, Eliachìm generò Azor, 14Azor generò Sadoc, Sadoc generò Achim, Achim generò Eliùd, 15Eliùd generò Eleazar, Eleazar generò Mattan, Mattan generò Giacobbe, 16Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù, chiamato Cristo.
17In tal modo, tutte le generazioni da Abramo a Davide sono quattordici, da Davide fino alla deportazione in Babilonia quattordici, dalla deportazione in Babilonia a Cristo quattordici.
18Così fu generato Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. 19Giuseppe suo sposo, poiché era uomo giusto e non voleva accusarla pubblicamente, pensò di ripudiarla in segreto. 20Mentre però stava considerando queste cose, ecco, gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; 21ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati».
22Tutto questo è avvenuto perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta:


23Ecco, la vergine concepirà e darà alla luce un figlio:
a lui sarà dato il nome di Emmanuele,

che significa Dio con noi. 24Quando si destò dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore e prese con sé la sua sposa; 25senza che egli la conoscesse, ella diede alla luce un figlio ed egli lo chiamò Gesù.
    
“Genealogia di Gesù Cristo” (1,1). Il vangelo di Matteo inizia con una genealogia (in greco, biblos gheneseos, “libro delle origini”), che si ispira alla tradizione letteraria biblica (1Cronache 1-9; Genesi 5,1). Motivi religiosi e giuridici spingono gli Ebrei a conservare la memoria dei loro antenati, poiché la discendenza è il fondamento di importanti diritti e privilegi. Con questa genealogia Matteo dimostra l’appartenenza di Gesù al popolo di Israele


(Foto: L’evangelista Matteo, Tela di Ludovico Mazzanti, 1679-1775.Città di Castello, Museo del Duomo)


Erode e i Magi (2,1). Di origine idumea, Erode il Grande regnò in Palestina dal 37 al 4 a.C. A lui si devono la nuova costruzione del tempio e un piano edilizio che interessò quasi tutte le città del regno.



(Foto: Erode, Mosaico, secolo XIV, Venezia, San Marco)


I “Magi” erano una casta di sapienti, dediti all’interpretazione dei sogni, alla magia e all’astrologia. La tradizione cristiana li ha identificati con sovrani orientali e ha fissato il loro numero a tre, ispirandosi ai doni da essi offerti. Betlemme dista circa 8 km da Gerusalemme, verso sud. È detta “di Giudea”, per distinguerla da un omonimo villaggio in Galilea. Fidanzamento, matrimonio, ripudio (1,18-20). Per gli Ebrei il fidanzamento è un impegno decisivo, in funzione del matrimonio. Esso costituisce il primo momento della celebrazione (in ebraico qiddushin, “consacrazione”), quando la donna viene “consacrata” all’uomo e i due giovani possono già essere chiamati marito e moglie. La violazione del fidanzamento è considerata adulterio (Deuteronomio 22,23-27). Dopo un anno si celebrava il matrimonio vero e proprio (in ebraico nissuim, dal verbo nasa, “sollevare”, “portare”), quando la sposa veniva portata nella casa dello sposo. In seguito, i due momenti furono uniti in un unico rito..

SALMO 51

"MISERERE"  

1  Al maestro del coro. Salmo. Di Davide. 2 Quando il profeta Natan andò da lui, che era andato con Betsabea.
 3  Pietà di me, o Dio, nel tuo amore;    nella tua grande misericordia
   cancella la mia iniquità.
 4  Lavami tutto dalla mia colpa,
   dal mio peccato rendimi puro.
 5  Sì, le mie iniquità io le riconosco,
   il mio peccato mi sta sempre dinanzi.
 6  Contro di te, contro te solo ho peccato,
   quello che è male ai tuoi occhi, io l’ho fatto:
   così sei giusto nella tua sentenza,
   sei retto nel tuo giudizio.
 7  Ecco, nella colpa io sono nato,
   nel peccato mi ha concepito mia madre.
 8  Ma tu gradisci la sincerità nel mio intimo,
   nel segreto del cuore mi insegni la sapienza.
 9  Aspergimi con rami d’issòpo e sarò puro;
   lavami e sarò più bianco della neve.
 10 Fammi sentire gioia e letizia:
   esulteranno le ossa che hai spezzato.
 11 Distogli lo sguardo dai miei peccati,
   cancella tutte le mie colpe.
 12 Crea in me, o Dio, un cuore puro,
   rinnova in me uno spirito saldo.
 13 Non scacciarmi dalla tua presenza
   e non privarmi del tuo santo spirito.
 14 Rendimi la gioia della tua salvezza,
   sostienimi con uno spirito generoso.
 15 Insegnerò ai ribelli le tue vie
   e i peccatori a te ritorneranno.
 16 Liberami dal sangue, o Dio, Dio mia salvezza:
   la mia lingua esalterà la tua giustizia.
 17 Signore, apri le mie labbra
   e la mia bocca proclami la tua lode.
 18 Tu non gradisci il sacrificio;
   se offro olocausti, tu non li accetti.
 19 Uno spirito contrito è sacrificio a Dio;
   un cuore contrito e affranto tu, o Dio, non disprezzi.
 20 Nella tua bontà fa’ grazia a Sion,
   ricostruisci le mura di Gerusalemme.
 21 Allora gradirai i sacrifici legittimi,
   l’olocausto e l’intera oblazione;
   allora immoleranno vittime sopra il tuo altare.

 


“Peccato” e “concepimento”. Il concepimento di cui si parla nel Salmo 51 va inteso, secondo il ricco simbolismo proprio del linguaggio biblico, come un riferimento alla totalità dell'esistenza: si menziona l'origine per indicare tutta la vita umana.


(foto: La penitenza di Davide;illustrazione del Salmo 51.Francesco di Stefano detto il Pesellino, 1422-1457.Le Mans, Museo Tessé)


. L'orante esprime la convinzione profonda secondo cui il peccato è una realtà presente nella natura stessa dell'uomo, creatura limitata che non può apparire mai completamente giusto e puro davanti a Dio, se non viene ricreato dalla sua grazia (versetto 12). Una tradizione cristiana vedrebbe nel Salmo 51,7 un riferimento al peccato originale: la “madre” sarebbe infatti Eva, madre di ogni uomo. Da escludere come errata è invece ogni interpretazione che consideri il versetto 7 quasi fosse un riferimento alla peccaminosità dell'atto sessuale, perché la Bibbia ha una grande considerazione della procreazione.


   


 

LA PARABOLA DELLA PENTOLA E LE PROVE DEL PROFETA

1Nell’anno nono, nel decimo mese, il dieci del mese, mi fu rivolta questa parola del Signore: 2«Figlio dell’uomo, metti per iscritto la data di oggi, di questo giorno, perché proprio oggi il re di Babilonia punta contro Gerusalemme. 3Proponi una parabola a questa genìa di ribelli dicendo loro: Così dice il Signore Dio:

Metti su la pentola,
mettila e versaci acqua.
4Mettici dentro i pezzi di carne,
tutti i pezzi buoni, la coscia e la spalla,
e riempila di ossi scelti;
5prendi il meglio del gregge.
Mettici sotto la legna e falla bollire molto,
sì che si cuociano dentro anche gli ossi.
6Poiché così dice il Signore Dio:
Guai alla città sanguinaria,
alla pentola arrugginita,
da cui non si stacca la ruggine!
Vuotala pezzo per pezzo,
senza tirare su di essa la sorte,
7poiché il suo sangue è dentro,
lo ha versato sulla nuda roccia,
non l’ha sparso in terra per ricoprirlo di polvere.
8Per provocare la mia collera,
per farne vendetta,
ha posto il suo sangue sulla nuda roccia,
senza ricoprirlo.
9Perciò così dice il Signore Dio:
Guai alla città sanguinaria!
Anch’io farò grande il rogo.
10Ammassa la legna,
fa’ divampare il fuoco,
fa’ consumare la carne,
versa il brodo
e le ossa siano riarse.
11Vuota la pentola sulla brace,
perché si riscaldi
e il rame si arroventi;
si distrugga l’impurità che c’è dentro
e si consumi la sua ruggine.
12Quanta fatica!
Ma l’abbondante sua ruggine non si stacca,
non scompare da essa neppure con il fuoco.


13La tua impurità è esecrabile: ho cercato di purificarti, ma tu non ti sei lasciata purificare. Perciò dalla tua impurità non sarai purificata, finché non avrò sfogato su di te la mia collera. 14Io, il Signore, ho parlato! Questo avverrà, lo compirò senza revoca; non avrò né pietà né compassione. Ti giudicherò secondo la tua condotta e i tuoi misfatti». Oracolo del Signore Dio.
15Mi fu rivolta questa parola del Signore: 16«Figlio dell’uomo, ecco, io ti tolgo all’improvviso colei che è la delizia dei tuoi occhi: ma tu non fare il lamento, non piangere, non versare una lacrima. 17Sospira in silenzio e non fare il lutto dei morti: avvolgiti il capo con il turbante, mettiti i sandali ai piedi, non ti velare fino alla bocca, non mangiare il pane del lutto».
18La mattina avevo parlato al popolo e la sera mia moglie morì. La mattina dopo feci come mi era stato comandato 19e la gente mi domandava: «Non vuoi spiegarci che cosa significa quello che tu fai?». 20Io risposi: «La parola del Signore mi è stata rivolta in questi termini: 21Annuncia agli Israeliti: Così dice il Signore Dio: Ecco, io faccio profanare il mio santuario, orgoglio della vostra forza, delizia dei vostri occhi e anelito delle vostre anime. I figli e le figlie che avete lasciato cadranno di spada. 22Voi farete come ho fatto io: non vi velerete fino alla bocca, non mangerete il pane del lutto. 23Avrete i vostri turbanti in capo e i sandali ai piedi: non farete il lamento e non piangerete, ma vi consumerete per le vostre iniquità e gemerete l’uno con l’altro. 24Ezechiele sarà per voi un segno: quando ciò avverrà, voi farete proprio come ha fatto lui e saprete che io sono il Signore. 25Tu, figlio dell’uomo, il giorno in cui toglierò loro la loro fortezza, la gioia della loro gloria, l’amore dei loro occhi, la brama delle loro anime, i loro figli e le loro figlie, 26allora verrà a te un profugo per dartene notizia. 27In quel giorno la tua bocca si aprirà per parlare con il profugo, parlerai e non sarai più muto e sarai per loro un segno: essi sapranno che io sono il Signore».

Ottava visione: i carri

Alzai ancora gli occhi per osservare ed ecco quattro carri uscire in mezzo a due montagne e le montagne erano di bronzo. Il primo carro aveva cavalli bai, il secondo cavalli neri, il terzo cavalli bianchi e il quarto cavalli pezzati. Domandai all'angelo che parlava con me: «Che significano quelli, signor mio?». E l'angelo: «Sono i quattro venti del cielo che partono dopo essersi presentati al Signore di tutta la terra. I cavalli neri vanno verso la terra del settentrione, seguiti da quelli bianchi; i pezzati invece si dirigono verso la terra del mezzogiorno. Essi fremono di percorrere la terra». Egli disse loro: «Andate, percorrete la terra». Essi partirono per percorrere la terra; Poi mi chiamò e mi disse: «Ecco, quelli che muovono verso la terra del settentrione hanno fatto calmare il mio spirito su quella terra».

La corona ex-voto

Mi fu rivolta questa parola del Signore: 10 «Prendi fra i deportati, fra quelli di Cheldài, di Tobia e di Iedaià, oro e argento e và nel medesimo giorno a casa di Giosia figlio di Sofonìa, che è ritornato da Babilonia. 11 Prendi quell'argento e quell'oro e ne farai una corona che porrai sul capo di Giosuè figlio di Iozedàk, sommo sacerdote. 12 Gli riferirai: Dice il Signore degli eserciti: Ecco un uomo che si chiama Germoglio: spunterà da sé e ricostruirà il tempio del Signore. 13 Sì, egli ricostruirà il tempio del Signore, egli riceverà la gloria, egli siederà da sovrano sul suo trono. Un sacerdote sarà alla sua destra e fra i due regnerà una pace perfetta. 14 La corona per Cheldài, Tobia, Iedaià e Giosia, figlio di Sofonìa, resterà di ricordo nel tempio del Signore. 15 Anche da lontano verranno a riedificare il tempio del Signore. Così riconoscerete che il Signore degli eserciti mi ha inviato a voi. Ciò avverrà, se ascolterete la voce del Signore vostro Dio».

I doni dello Spirito Santo: Sapienza

Lo Spirito abita in noi come persona viva, energica, creativa, che trasforma a poco a poco la nostra personalità da come sarebbe umanamente con i Suoi doni, che da sempre la Chiesa conosce e che elenca in ordine di eccellenza: Sapienza - Intelletto - Consiglio - Fortezza - Scienza - Pietà - Timor di Dio. Cercheremo di capirli meglio e renderli utili per la nostra vita. Li tratteremo molto in pratica scoprendo come vive il cristiano sotto l’influsso di Dio, quale può essere l’azione di Dio dentro di noi. Il primo dono che affrontiamo è la sapienza, il più importante e il più forte per vivere da credenti.
di Giuseppe Pollano

IL SIGNIFICATO DI SAPIENZA
Il termine sapienza non vuol dire propriamente sapere, e tanto meno solo scienza o intelligenza; rifacendosi al verbo latino sapere allude al gusto delle cose, sapio = io gusto, ossia “sapienza” è sinonimo di sapore, il sapore di Dio. Tutti istintivamente cerchiamo il sapore della vita, e tanti più sapori la vita ci dà, più ci piace. Lo Spirito Santo con il dono della sapienza a poco a poco ci comunica il gusto di Dio.
Questo è importantissimo, perché un Dio che non si gusta mai, diventa un Dio insipido e si fa presto a lasciarlo stare. È dunque fondamentale che noi credenti, che con Dio vogliamo avere un rapporto autentico, sappiamo che gustiamo Dio se gli siamo vicini, e quanto più gli siamo vicini, tanto più questa esperienza diventa comunicativa; infatti è capace di parlare convincentemente di Dio non tanto il teologo quanto colui che conosce il gusto di Dio. I santi erano esperti del gusto di Dio. La sapienza è dunque il dono ottimo: Gustate e vedete quant’è buono il Signore! (Sal 33,9). Qui si intende buono non in senso morale, ma proprio come una cosa buona che si mangia. Sarebbe bello se tutti noi fossimo capaci di dire molto convinti, come qualcosa che scaturisce dal cuore, questa frase del salmo. È come dire che si sta veramente bene con lui, con tutto quello che ne consegue.
LA SAPIENZA ACCOMPAGNA ALLA PERFETTA INTERPRETAZIONE DELLA VITA
I momenti forti della vita sono i più saporosi: pensiamo all’incontro con una persona che ci rende felice; non lo dimentichiamo! Perciò gustare il Signore è un’esperienza ottima, perché qui è Dio che ci fa assaporare la vita e noi siamo fatti per lui, cioè per il sapore che sa darci lui. È diverso assaporare la vita attraverso i doni di Dio dall’assaporarla direttamente con lui. La natura, le persone amabili, sono dono di Dio, ma Dio è di più. Nel libro della Sapienza (Sap 13,1-9) c’è un rimprovero a quelli che avendo visto le bellezze del creato le hanno fatte diventare ciò per cui vivono e si sono fermati nella ricerca: sono rimasti entusiasti e incantati, come mai non sono riusciti a risalire all’autore di questa bellezza e di questa bontà che è ancora più bello e ancora più buono? È giusto entusiasmarsi di una cosa o di una persona, ma non fermiamoci lì; dai sapori della vita molti e buoni saliamo al sapore di Dio, di colui che li ha creati. La vita cristiana in Gesù Cristo, permette questo passaggio per noi e per gli altri.
Questa interpretazione perfetta della vita – so cosa è la vita perché so prima di tutto gustare Dio – sembra particolarmente adatta alla nostra cultura perché noi siamo ormai molto portati a non considerare Dio come un oggetto di sapore, di gusto, di gioia. Siamo molto ripiegati, per una serie di ragioni, sui sapori di quaggiù. Quante volte abbiamo detto di piccole o grandi cose: questo sì che è vivere! È importante sapere quali sono i punti forti della vita, perché possono condurci a Dio ma possono anche distogliere da Dio. Se il peccato non avesse un sapore, non lo faremmo mai. Dunque il discorso è serio.
Inoltre molto spesso la vita ci obbliga a separare – anche se non lo vogliamo – quel sapore sognato dalle cose come stanno, il sapore di vivere dal dovere di vivere. Pensiamo alle delusioni di amore: al principio sembrava di aver trovato tutto, poi pian piano le cose cambiano, si atterra, sempre meno quel sapore che avevamo provato riusciamo ad afferrarlo e tenerlo, e si soffre: sapore del sogno ed esperienza della vita si dissociano sempre di più, la vita diventa un dovere, una fatica. Spesso capita che quanto più si è avanti nella vita tanto più si diventa un po’ disincantati. Quando la vita si stacca troppo dal sapore che dovrebbe avere spesso diventa insopportabile.
Per di più noi viviamo in un tipo di cultura – il postmoderno - che ha lasciato indietro le grandi idee. Viviamo nella ostinata ricerca di tutti i sapori che l’esistenza può dare, senza regole né limiti. Il nostro modo di vivere è caratterizzato dall’immediatezza, dal subito adesso, dal tocca e gusta. Non basta neanche più vedere il mondo, quello che conta è il lecca e gusta. Ci troviamo in quella che si definisce sensual society, caratterizzata dalla sensualità. Cerchiamo continuamente il sapore delle cose, il sapore più a portata di mano, che è quello fisico. Noi siamo dentro questa sensual society e in nome di piccoli sapori possiamo lasciare il sapore. Siamo sempre di fronte a mini scelte che possano diventare, sommandone una all’altra, una maxi scelta di tiepidezza. Però è molto bello sapere che Dio – se vogliamo – anche da questa condizione ci salva, ci dà più che mai il sapore di sé.
Il nostro pericolo più reale è cadere in un cristianesimo che ci diventa un po’ insipido. Il cristianesimo insipido non resiste all’assalto dei piccoli o grandi sapori esistenziali, quando questi, per essere gustati, chiedono la trasgressione, l’allontanarsi da Dio, lo stacco dalla volontà di Dio. Non sarà mai un cristianesimo insipido a difenderci dal peccato. Anche perché il senso del dovere tiene fin che tiene ed oggi è debolissimo: Chi te lo fa fare? è una espressione ricorrente. Ad esempio: chi te lo fa fare di essere prete? Se non mi giustifico oggi il mio essere prete, la scelta di ieri non mi serve più, soprattutto in quest’epoca dove tutto è sempre diverso, dove la durata è in crisi, dove viviamo l’attimo, la situazione presente. Di abitudini non si vive più: io voglio che il mio cristianesimo abbia il sapore di Dio, se no ho il dovere di dubitare di me stesso, non garantirei la mia fedeltà di prete a nessuno e neanche a me stesso, se Dio non mi sostenesse col suo profondo sapore. Dio dà una gioia, una serenità, una pace, un senso di libertà e di amore che nessuno dà.
IL “MECCANISMO” PER CRESCERE NELLA SAPIENZA
Ora potremmo dire: la sapienza è bella davvero, vorrei averne di più. Come si fa a crescere in questo dono? Gesù nel vangelo usa una bella parabola per insegnarci come fare. È sufficiente chiedere a Dio: il Padre vostro celeste darà lo Spirito Santo a coloro che glielo chiedono! (Lc 11,13).
Vuoi la sapienza? Chiedila! Padre dammi la sapienza: se dette con sincerità, Dio prende molto sul serio queste parole e ti accorgerai che qualcosa cambia, le stesse cose di prima le vivi in modo diverso. Per prima cosa chiedi, e poi prega. Se preghi bene percepisci Dio, e se percepisci Dio lui ti dà la sua gioia. Con prega non intendo recitare delle preghiere, ma trovare un momento tutto tuo dove incontri Dio, stai un po’ con lui. Lui c’è, ti ama, ti accoglie. Sei sicuro che sei con un amico che ti sta volendo bene. Poi prendi la Parola e incontra Gesù nel vangelo, colloquia con lui. Essenzialmente la preghiera, prima di qualsiasi altra cosa, è incontro. Vedrai che questa piccola abitudine ti renderà a poco a poco felice, saprai sempre dove andare per trovare un po’ di pace. Spesso noi non facciamo così, ci limitiamo a preghiere scorrevoli, chiediamo molto, parliamo molto, e questa lacuna impedisce di incontrare colui che ti ama. Lui non chiede altro che incontrarti . La disgrazia della vita è l’incontro mancato con chi ti dà la gioia; guai se l’incontro mancato è quello con Dio. E poi insisti fin che tu possa dire di tuo, proprio con il tuo cuore, che con Dio si sta bene. Questo sì che comincia ad essere un cristianesimo che ti chiama, che ti giustifica, che ti dà senso soprattutto quando la vita ti ha trattato male.
Se quando soffriamo non facessimo l’errore di chiuderci in noi stessi, di isolarci come se fossimo solissimi, se ricordassimo quel Signore che dice Vieni, io ti darò pace, tutto sarebbe diverso, conosceremmo il sapore della consolazione di Dio. Non priviamoci di questo. Allora lo Spirito a poco a poco non è solo più quello che si incontra nella preghiera. Nella 2 Cor 3,18 sta scritto che noi siamo davanti a Cristo come in uno specchio, ci trasformiamo a poco a poco in lui di gloria in gloria mediante l’azione dello Spirito. Lo Spirito perciò ha un programma molto concreto. In altre parole non basta e non ci basta avere il momento della preghiera per essere sereno con Dio, lui deve piano piano trasformarci in modo che noi somigliamo di più a Gesù.
E stato scritto anche: abbiate in voi gli stessi sentimenti di Cristo. Il gusto di essere umili: l’umiltà è una parola scomparsa nella nostra cultura e percepiamo l’umiltà come una umiliazione che ci fa stare male, ma non è vero, se sei umile sei molto sereno, sei libero da tante cose, anzi Cristo stesso dice: Impara da me che sono mite e umile di cuore. Il sapore di essere puri di cuore, altra parola quasi tramontata: la castità ti dà una gioia, una libertà, una grandezza di cuore, una trasparenza di vita. Il sapore di essere poveri, distaccati e non affannati dal denaro, dall’avere o non avere: ti rendi conto che sei in pace, uno che dona. Quindi chiediamo di somigliarti, Gesù, capiamo che proprio tu sei la sapienza in carne e ossa e noi vogliamo somigliare a te.
Se gusti Dio incominci a fare cose buone. Fare il bene vuol dire farlo essere: se non c’eri tu quel bene, quella gioia non si faceva. Come ci sono i facitori del male ci devono essere i facitori del bene. Hai pregato, lo Spirito ti ha dato il gusto di Dio, hai desiderato di somigliare di più a lui e ti butti, cominci ad agire un po’ come lui.
Ogni volta che fai qualcosa di bello e di buono per amore stai certo che ti rimarrà nel cuore un gioiello di gioia, una luce buona, sarai contento perché hai fatto essere il bene, proprio come Dio, con una parola, un gesto, un sorriso, una cordialità, fino a dare la vita. Chi non fa mai essere il bene perché è egoista, non solo non conosce il sapore di Dio, ma indietreggia molto rapidamente e sicuramente cade nel peccato. Persone già arrivate ad un certo livello di vita cristiana e coscienti della bellezza del donare, se per certe ragioni o tentazioni subite si chiudono, cominciano a dare di meno e ricadono in se stesse: egoismo, sensualità, amor proprio, … Se vuoi andare avanti nello Spirito impara a donare, perché lo Spirito è un dono.
IL SAPORE DI ESSERE NELLO SPIRITO È COMUNITARIO
Contrariamente a queste indicazioni, troppo spesso la vita cristiana è tributaria ai sapori della esistenza terrena, molto meno a quelli del cielo, ciò perché si trascura una parte costitutiva della Sapienza, che è la gioia di essere insieme. Avanza nello Spirito per la tua gioia, ma anche per la gioia di molti altri che, incontrando te, scopriranno un Dio diverso. Fatti domandare: come mai sei sempre così tranquillo, non ti disperi? Dai ragione della tua speranza. Vedere una persona che per questo gusto interiore di Dio ha un’altra pace interroga: ma perché ha pace? I giovani sono pochissimo aiutati a questi orizzonti, la nostra stessa catechesi è un po’ povera, invece ha bisogno di ampiezza. I giovani devono trovare orizzonti degni di loro, non si fiorisce dentro un bugigattolo, bisogna avere orizzonti grandi, capire Dio davvero. Allora si può pensare alla civiltà dell’amore, ma bisogna respirare ampio.
L’ultimo segreto è che il sapore di Dio non è mai un sapore privato. Ho detto prima: prega e Dio ti darà il suo gusto interiore. Ma questa non è privatezza; tu cerchi il tuo rapporto con Dio, però poi, per assaporare Dio ricordati che devi immergerti nel prossimo. Il cristianesimo o è comunità o non è. È l’essere insieme – Vi riconosceranno perché vi volete bene – che dà un forte sapore di Dio; lo Spirito in noi fa sentire che siamo uno.
Il cristianesimo è quando si vive in liturgia. Una bella liturgia allarga il cuore, fa sentire più fratelli di prima, lo Spirito qui è molto forte, una piccola pentecoste. Mai individualismo: ricordiamo il salmo 132,1: Ecco quanto è buono e quanto è soave che i fratelli vivano insieme! Naturalmente il primo nucleo dove dovrebbe realizzarsi questo è la famiglia. Allora c’è da chiedere che lo Spirito venga in mezzo a noi, che le nostre diversità e i nostri limiti inevitabili non diventino muri, divisioni, conflittualità. La carenza di Spirito spezza tutto. Signore, aiutaci a dire che è buono e soave che noi viviamo insieme.
Ecco perché la sapienza è davvero indispensabile. Ed oggi più che mai, perché attira con il gusto di Dio e comunica l’eccellente sapore della carità, quello per il quale tutti sono stati creati e stanno esistendo nel mondo.
Vi esorto a chiedere, perché più sarete saporosi, più gli altri vi gusteranno.
Giuseppe Pollano

GOCCE DI VITA

Quanto a coloro che non vi accolgono, 
uscite dalla loro città 
e scuotete la polvere dai vostri piedi 
come testimonianza contro di loro 
(Luca, 9, 5)

Frammenti di Cielo

S. Ignazio d'Antiochia ha detto:

Procurate di riunirvi più frequentemente per il rendimento di grazie e per la lode a Dio. Quando vi radunate spesso le forze di satana sono annientate ed il male da lui prodotto viene distrutto nella concordia della vostra fede.

La frase del giorno 28 Gennaio

Se hai vero amore, hai Dio
e la fonte di tutto ciò che è
meraviglioso, 
perchè Dio è amore
ed è il creatore d'ogni cosa 
meravigliosa.

La parola del giorno 28/01/2014

♥ Antifona d'ingresso____________
La bocca del giusto proclama la sapienza,
e la sua lingua esprime la giustizia;
la legge del suo Dio è nel suo cuore.



† Lettura____________________ 2Sam 6,12-15.17-19
Davide e tutta la casa d’Israele facevano salire l’arca del Signore con gioia.

Dal secondo libro di Samuèle

In quei giorni, Davide andò e fece salire l’arca di Dio dalla casa di Obed-Edom alla Città di Davide, con gioia. Quando quelli che portavano l’arca del Signore ebbero fatto sei passi, egli immolò un giovenco e un ariete grasso. Davide danzava con tutte le forze davanti al Signore. Davide era cinto di un efod di lino. Così Davide e tutta la casa d’Israele facevano salire l’arca del Signore con grida e al suono del corno.
Introdussero dunque l’arca del Signore e la collocarono al suo posto, al centro della tenda che Davide aveva piantato per essa; Davide offrì olocausti e sacrifici di comunione davanti al Signore.
Quando ebbe finito di offrire gli olocausti e i sacrifici di comunione, Davide benedisse il popolo nel nome del Signore degli eserciti e distribuì a tutto il popolo, a tutta la moltitudine d’Israele, uomini e donne, una focaccia di pane per ognuno, una porzione di carne arrostita e una schiacciata di uva passa. Poi tutto il popolo se ne andò, ciascuno a casa sua.

Parola di Dio


† Il Vangelo del giorno (Daily Gospel)_________________
Mc 3,31-35
Chi fa la volontà di Dio, costui per me è fratello, sorella e madre.

+ Dal Vangelo secondo Marco

In quel tempo, giunsero la madre di Gesù e i suoi fratelli e, stando fuori, mandarono a chiamarlo.
Attorno a lui era seduta una folla, e gli dissero: «Ecco, tua madre, i tuoi fratelli e le tue sorelle stanno fuori e ti cercano».
Ma egli rispose loro: «Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?». Girando lo sguardo su quelli che erano seduti attorno a lui, disse: «Ecco mia madre e i miei fratelli! Perché chi fa la volontà di Dio, costui per me è fratello, sorella e madre».

Parola del Signore


† Salmo______________________
Sal 23
Grande in mezzo a noi è il re della gloria.
Alzate, o porte, la vostra fronte,
alzatevi, soglie antiche,
ed entri il re della gloria.

Chi è questo re della gloria?
Il Signore forte e valoroso,
il Signore valoroso in battaglia.

Alzate, o porte, la vostra fronte,
alzatevi, soglie antiche,
ed entri il re della gloria.

Chi è mai questo re della gloria?
Il Signore degli eserciti è il re della gloria.
 

Commento: La parola di Gesù "Voi siete la luce del mondo" si può applicare a molte vocazioni cristiane ma è particolarmente adatta a un santo come Tommaso d'Aquino i cui scritti illuminano ancora oggi il pensiero cristiano e tutto il pensiero umano
La prima lettura ci fa intravedere qual è la condizione per poter essere la luce del mondo; non si tratta semplicemente di usare la propria intelligenza per ricercare il segreto delle cose ma prima di tutto di mettere la propria intelligenza in relazione con Dio. "Alla tua luce vedremo la luce" dice un salmo: per vedere la luce presente nella creazione di Dio bisogna essere in rapporto con lui. Ecco perché non esiste vera sapienza senza preghiera. "Pregai e mi fu elargita la prudenza; implorai e venne in me lo spirito della sapienza" (Sap 7,7>.
Tommaso d'Aquino è stato un santo contemplativo: il suo ideale era trasmettere agli altri le cose che egli stesso aveva contemplato, cioè capite nella preghiera, capite nel rapporto con Dio. L'intelligenza da sola può certamente fare molte cose, costruire sistemi di idee, ma sono sistemi che non corrispondono alla sapienza, hanno un effetto devastatore. Qualcuno ha detto che il mondo moderno è completamente disorientato perché gli sono state date idee cristiane impazzite. L'aspirazione alla verità, alla libertà, alla fraternità sono idee cristiane sono aspirazioni evangeliche ma se si cerca di soddisfarle prescindendo dal legame vivo con Dio il risultato è quello di mettere negli uomini una specie di febbre che impedisce di trovare il giusto equilibrio e spinge a tutti gli eccessi: ecco le rivoluzioni violente, i turbamenti continui...
Invece san Tommaso d'Aquino è sempre rimasto profondamente unito a Dio, ha pregato per ottenere quell'intelligenza vera, dinamica, equilibrata che proviene dal creatore; per questo ha potuto accogliere anche idee pagane. Non ha avuto paura di studiare Aristotele e di cercare nelle sue opere luce per capire meglio il mondo creato da Dio. Lungi dall'essere propagatore di idee cristiane impazzite egli è anzi riuscito a rendere sapienti le idee pagane; è stato aperto in modo straordinario a tutta la creazione di Dio a tutte le idee umane proprio perché viveva intensamente il suo personale rapporto con Dio. "Mi conceda Dio di parlare secondo conoscenza e di pensare in modo degno dei doni ricevuti" dice il Libro della Sapienza (7, 15): il rapporto con Dio non ririipicciolisce il cuore, non rattrappisce l'intelligenza, anzi dà il gusto di penetrare in tutti gli splendori della creazione.
Nella Chiesa ci sono molte vocazioni. Alcuni sono chiamati ad insistere fino al paradosso sul rifiuto della sapienza umana; san Paolo per esempio ha dei passi addirittura violenti contro la filosofia: la sua vocazione era di insistere sul messaggio cristiano fino a farlo sembrare incompatibile con la filosofia umana. Altri come Tommaso d'Aquino hanno la vocazione di far vedere che tra loro è possibile una profonda conciliazione che avviene quando si è rinunciato all'autonomia umana per darsi tutto a Dio: si è completamente all'unisono con il creatore ed egli ci mette profondamente in accordo con la creazione.
Domandiamo al Signore che apra il nostro spirito ad accogliere in pieno la sua luce in modo da poter attirare quelli che ne sono in ricerca; che siamo davvero anime viventi del rapporto con Dio e proprio per questo capaci di orientare verso tutte le ricchezze dell'universo.