sabato 25 gennaio 2014

Aprire le porte delle chiese significa anche aprirle su Internet

Aprire le porte delle chiese significa anche aprirle su Internet
Internet può offrire maggiori possibilità di incontro“ ha affermato il Papa Francesco nel messaggio per la XLVIII Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali ”e di solidarietà tra tutti e questa è una cosa buona, è un dono di Dio“.
La bontà di internet, così come dei nuovi media, va però analizzata più nel dettaglio. Infatti il Pontefice ha ammesso che “esistono però aspetti problematici” e tra questo il principale è determinato dal fatto che “la velocità dell’informazione supera la nostra capacità di riflessione e giudizio“.
Il risultato che si ottiene è che l’eccessiva velocità “non permette un’espressione di sé misurata e corretta“. Il rischio è che la sovrabbondanza di informazioni di cui disponiamo ci porti a attingere unicamente alle fonti che ci interessano o che dicono quello che noi vogliamo sentirci dire, o che “corrispondono solo alle nostre attese e alle nostre idee, o anche a determinati interessi politici ed economici“.
L’eccessiva apertura diventa quindi fonte di una chiusura: “L’ambiente comunicativo può aiutarci a crescere o, al contrario, a disorientarci – ha affermato Bergoglio – Il desiderio di connessione digitale può finire per isolarci dal nostro prossimo, da chi ci sta più vicino“.
Va poi detto che internet genera una nuova forma di esclusione: “chi, per diversi motivi, non ha accesso ai media sociali, rischia di essere escluso“, di rimanere in disparte. Tutto questo non giustifica “un rifiuto dei media sociali” ma ci ricorda che “la comunicazione è, in definitiva, una conquista più umana che tecnologica“.
Papa Francesco ha quindi posto due domande fondamentali sulle quali riflettere per un corretto sviluppo umano delle comunicazioni sociali: “cosa ci aiuta nell’ambiente digitale a crescere in umanità e nella comprensione reciproca?
Dobbiamo recuperare il senso dell’ascolto ma anche il “senso di lentezza e di calma“. Per capire veramente gli altri dobbiamo imparare “a guardare il mondo con occhi diversi e ad apprezzare l’esperienza umana come si manifesta nelle varie culture e tradizioni“. La via per questo è l’ascolto poiché la persona esprime pienamente se stessa non quando è semplicemente tollerata, ma quando sa di essere davvero accolta“.
Con la seconda domanda il Pontefice ha invece chiesto “come allora la comunicazione può essere a servizio di un’autentica cultura dell’incontro?
Non basta passare lungo le “strade” digitali, cioè semplicemente essere connessi– ha spiegato Papa Francesco - occorre che la connessione sia accompagnata dall’incontro vero“. Anche in internet poiché “la rete digitale può essere un luogo ricco di umanità – ha continuato il Vescovo di Roma – non una rete di fili ma di persone umane“.
La rete è fatta di strade “affollate di umanità, spesso ferita: uomini e donne che cercano una salvezza o una speranza“. È infatti sempre più evidente, a poco a poco che la velocità della comunicazione apre scenari di esclusione, che “non possiamo vivere da soli, rinchiusi in noi stessi. Abbiamo bisogno di amare ed essere amati. Abbiamo bisogno di tenerezza“.

Tutto gratuitamente


 


La grazia di Dio si rivela assolutamente e totalmente gratuita. Non avremo mai nulla da rimborsare; e d’altronde, come potremmo farlo? Eppure facciamo molta fatica a disfarci dell’idea che non si ha nulla per nulla.
Questa nozione, confortata dal nostro egoismo naturale, è perfettamente umana, mentre la grazia è divina. Venuta per mezzo di Gesù Cristo per rispondere ai nostri bisogni, essa non pretende da parte nostra nessuna contropartita.
Ma ora, indipendentemente dalla legge, è stata manifestata la giustizia di Dio, alla quale rendono testimonianza la legge e i profeti, cioè la giustizia di Dio mediante la fede in Gesù Cristo verso tutti e sopra tutti coloro che credono, perché non c’è distinzione; poiché tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio, ma sono gratuitamente giustificati per la sua grazia, mediante la redenzione che è in Cristo Gesù. (Romani 3:21-24)
Se richiedesse qualcosa, la salvezza non sarebbe per nessuno. Inoltre una tale pretesa non sarebbe null’altro che un oltraggio a Dio. Immaginiamo di essere ospiti di amici che ci hanno invitati a pranzo.
Terminato il pasto, la conversazione si prolunga mentre si prende il caffè. Poi ci alziamo, e la momento di congedarci, mettiamo la mano in tasca e chiediamo:
“Allora, quanto di devo?
Quale offesa sarebbe per chi ci aveva così cordialmente ospitati! Come si spiega allora che il nostro mondo sia popolato di persone convinte di dover pagare Dio per tutti i doni che ci largisce?
La grazia non procede così. Cristo è venuto sulla terra per soddisfare alle esigenze di Dio riguardanti il peccato. Non ci rimane altro da fare che ricevere questa grazia accettando il regalo gratuito della vita eterna, senza dimenticare di ringraziare Colui che ce lo offre e di mostrargli col nostro modo di procedere che gli siamo riconoscenti.
Ma Dio, che è ricco in misericordia, per il suo grande amore con il quale ci ha amati, anche quando eravamo morti nei falli, ci ha vivificati con Cristo (voi siete salvati per grazia), e ci ha risuscitati con lui e con lui ci ha fatti sedere nei luoghi celesti in Cristo Gesù, per mostrare nelle età che verranno le eccellenti ricchezze della sua grazia, con benignità verso di noi in Cristo Gesù. (Efesini 2:4-7)

Ricerca della felicità



Ogni essere umano è in cerca della felicità. Ma questa non la si trova dappertutto. Il successo, la fortuna o la salute non portano normalmente con sé la vera felicità.
I piaceri che il mondo offre possono temporaneamente aiutare a dimenticare le preoccupazioni, ma non danno alcuna soddisfazione durevole.
Per essere felici, dobbiamo dapprima sapere che i nostri peccati sono perdonati: Beato colui la cui trasgressione è perdonata, il cui peccato è coperto! (Salmo 32:1)
Solo Gesù Cristo ha questo potere: Ora, affinché sappiate che il Figlio dell’uomo ha autorità in terra di perdonare i peccati: Alzati (disse al paralitico), prendi il tuo letto e vattene a casa tua!». (Matteo 9:6)
In Lui abbiamo il perdono dei peccati secondo le ricchezze della grazia di Dio:  in cui abbiamo la redenzione per mezzo del suo sangue, il perdono dei peccati secondo le ricchezze della sua grazia (Efesini 1:7)
Per essere felici, bisogna anche essere liberati dal timore della morte, cioè dobbiamo possedere la vita eterna. La riceviamo credendo in Gesù: Poiché Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna. (Giovanni 3:16)
Per essere felici, bisogna in seguito “camminare con Dio”; cioè ubbidire alla sua Parola, la Bibbia, e mantenere con Lui delle relazioni di piena fiducia.
Essere felici, non significa essere dispensati da ogni tipo di prova, ma è avere Dio con sè. L’apostolo Paolo era felice nella sua prigione perché il Signore era vicino a Lui: Beati quelli che ripongono la loro forza in te e che hanno in cuore le tue vie! (Salmo 84:5)
Ma Gesù non ci accompagnerà mai in un cammino che noi avremo scelto senza di Lui, cioè senza prima consultarlo. Potrà fermarci lungo il percorso e ricondurci a sé, ma non vi camminerà con noi.
Vuoi essere felice? Cerca il Dio salvatore, e quando l’avrai trovato, vivi con Lui e per Lui.

Il matrimonio. Superato?

Perché sposarsi? Ci sono tanti divorzi! Le statistiche parlano chiaro: si sa che un matrimonio su due finisce in un divorzio… Ma ascoltiamo cosa ci dice la Bibbia su questo argomento.
Perciò l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie, e saranno una sola carne. (Genesi 2:24)
 

Dopo il peccato nel giardino di Eden, l’uomo ha guastato ciò che Dio gli aveva affidato. In particolare, con l’andar del tempo, ha rispettato sempre meno l’istituzione divina del matrimonio.
Questo peccato ha portato nelle famiglie molta sofferenza e profonde ferite, specialmente nei figli.
In mezzo a tanta confusione, Gesù non ha modificato l’insegnamento iniziale che Dio aveva dato per la felicità dell’uomo e della donna.
Ed egli rispose loro: «Non avete letto che il Creatore, da principio, li creò maschio e femmina e che disse: “Perciò l’uomo lascerà il padre e la madre, e si unirà con sua moglie, e i due saranno una sola carne”? Così non sono più due, ma una sola carne; quello dunque che Dio ha unito, l’uomo non lo separi». (Matteo 19:4-6)
Allo stesso modo anche i mariti devono amare le loro mogli, come la loro propria persona. Chi ama sua moglie ama se stesso. Infatti nessuno odia la propria persona, anzi la nutre e la cura teneramente, come anche Cristo fa per la chiesa, poiché siamo membra del suo corpo. (Efesini 5:28-30)
Questi versetti dimostrano l’importanza della fedeltà e della santità che i legami del matrimonio richiedono per vivere quella felicità che Dio riserva alla coppia e alla famiglia.
Sia il matrimonio tenuto in onore da tutti e il letto coniugale sia incontaminato, poiché Dio giudicherà i fornicatori e gli adulteri. (Ebrei 13:4)
Ma molti per ignoranza o per disubbidienza, sono deliberatamente usciti da questo quadro, il solo nel quale la sessualità è sorgente di gioia e di equilibrio.
Gesù, nel Suo cammino, ha incontrato una persona colpevole di questa disubbidienza. Le ha mostrato che da parte di Dio c’era il perdono:
Gesù dunque, alzatosi e non vedendo altri che la donna, le disse: «Donna, dove sono quelli che ti accusavano? Nessuno ti ha condannata?». Ed ella rispose: «Nessuno, Signore». Gesù allora le disse: «Neppure io ti condanno; va’ e non peccare più». (Giovanni 8:10-11)

Più di molti passeri



Se analizziamo le diverse forme di vita che ci circondano, possiamo imparare molte cose. Il Signore invitava i suoi uditori a “guardare” gli uccelli, vale a dire a considerarli con attenzione.
Essi possono insegnare anche a noi una lezione semplice, ma ricca di significato. Gli ascoltatori di Gesù si preoccupavano di cibo, bevande, abiti, proprio come oggi. Basta andare per strada o in un centro commerciale per accorgersi che le cose non sono cambiate!
Anzi, oggi abbiamo un’offerta di beni enormemente più vasta, e la nostra vita, molto più della loro, è assorbita da problemi che riguardono le cose materiali. Sapendo questo, il Signore ricorda ai suoi ascoltatori che gli uccelli non sanno seminare, né mietere, né raccogliere in granai; per di più, non sono previdenti perché raccolgono il cibo al bisogno. Ma Gesù dice: “Il Padre vostro celeste li nutre”.
Guardate gli uccelli del cielo: non seminano, non mietono, non raccolgono in granai, e il Padre vostro celeste li nutre. Non valete voi molto più di loro? (Matteo 6:26)
Non essere “in ansia” per le cose della vita non vuol dire essere irresponsabili o indifferenti; il Signore diceva di non essere eccessivamente preoccupati delle cose materiali e insegnava che la cosa importante era la fede in Dio.
E’ giusto che ci occupiamo dei bisogni nostri e della nostra famiglia, ma non dobbiamo farlo con ansietà perché questo sarebbe un danno per noi. E poi, ricordiamoci che non possiamo aggiungere nemmeno un’ora alla nostra vita.
E chi di voi può con la sua preoccupazione aggiungere un’ora sola alla durata della sua vita? (Matteo 6:27)
Accettiamo dunque quest’ammonizione da parte del Signore; prendiamo con serietà il Suo consiglio, “non siate in ansia per la vostra vita”, e non dimentichiamo il suo incoraggiamento:
Quanto a voi, perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati. Non temete dunque; voi valete più di molti passeri. (Matteo 10:31)

Frammenti di Cielo

S. Caterina da Bologna ha detto:

La preghiera è l'estatica contemplazione dell' Altissimo, nella sua infinita bellezza e bontà: uno sguardo semplice e amoroso su Dio".

Gocce di vita

"Non gioire nella mia sventura,
o mia nemica!

Se sono caduto, mi rialzerò;
se siedo nelle tenebre,
il Signore sarà mia luce".
(Michea 7,8)

La frase del giorno 25 Gennaio

Tutti i cambiamenti sono
difficili e a volte costosi, ma
se sono buoni, alla fine ci
ripagheranno.

La parola del giorno 25/01/2014

♥ Antifona d'ingresso____________
Io so a chi ho creduto,
e sono certo che egli, giusto giudice,
è capace di custodire il mio deposito
fino all’ultimo giorno. (2Tm 1,12; 4,8)



† Lettura____________________ At 22,3-16
Àlzati, fatti battezzare e purificare dai tuoi peccati, invocando il nome di Gesù.
Dagli Atti degli Apostoli

In quei giorni, Paolo disse al popolo:
«Io sono un Giudeo, nato a Tarso in Cilìcia, ma educato in questa città, formato alla scuola di Gamalièle nell’osservanza scrupolosa della Legge dei padri, pieno di zelo per Dio, come oggi siete tutti voi. Io perseguitai a morte questa Via, incatenando e mettendo in carcere uomini e donne, come può darmi testimonianza anche il sommo sacerdote e tutto il collegio degli anziani. Da loro avevo anche ricevuto lettere per i fratelli e mi recai a Damasco per condurre prigionieri a Gerusalemme anche quelli che stanno là, perché fossero puniti.
Mentre ero in viaggio e mi stavo avvicinando a Damasco, verso mezzogiorno, all’improvviso una grande luce dal cielo sfolgorò attorno a me; caddi a terra e sentii una voce che mi diceva: “Saulo, Saulo, perché mi perséguiti?”. Io risposi: “Chi sei, o Signore?”. Mi disse: “Io sono Gesù il Nazareno, che tu perséguiti”. Quelli che erano con me videro la luce, ma non udirono la voce di colui che mi parlava. Io dissi allora: “Che devo fare, Signore?”. E il Signore mi disse: “Àlzati e prosegui verso Damasco; là ti verrà detto tutto quello che è stabilito che tu faccia”. E poiché non ci vedevo più, a causa del fulgore di quella luce, guidato per mano dai miei compagni giunsi a Damasco.
Un certo Ananìa, devoto osservante della Legge e stimato da tutti i Giudei là residenti, venne da me, mi si accostò e disse: “Saulo, fratello, torna a vedere!”. E in quell’istante lo vidi. Egli soggiunse: “Il Dio dei nostri padri ti ha predestinato a conoscere la sua volontà, a vedere il Giusto e ad ascoltare una parola dalla sua stessa bocca, perché gli sarai testimone davanti a tutti gli uomini delle cose che hai visto e udito. E ora, perché aspetti? Àlzati, fatti battezzare e purificare dai tuoi peccati, invocando il suo nome”».

Parola di Dio.

† Il Vangelo del giorno (Daily Gospel)_________________
Mc 16,15-18
Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo.

+ Dal Vangelo secondo Marco

In quel tempo, [Gesù apparve agli Undici] e disse loro:
«Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato.
Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno demòni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno».

Parola del Signore
 

† Salmo______________________
Sal 116
Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo.
Genti tutte, lodate il Signore,
popoli tutti, cantate la sua lode.

Perché forte è il suo amore per noi
e la fedeltà del Signore dura per sempre.


Commento: Oggi vediamo la potenza di Dio in san Paolo, divenuto da persecutore Apostolo che ha accolto la fede in Cristo e l'ha diffusa, con una fecondità apostolica straordinaria, che non è ancora cessata.
Ma poiché siamo ancora nella settimana dell'unità, riflettiamo su alcuni aspetti della conversione di Paolo che si possono mettere in relazione con l'unità.
San Paolo si preoccupava al massimo dell'unità del popolo di Dio. Fu proprio questo il motivo che lo spingeva a perseguitare i cristiani: egli non tollerava neppure il pensiero che degli uomini del suo popolo si staccassero dalla tradizione antica, lui che era stato educato, come egli stesso dice, alla esatta osservanza della Legge dei Padri ed era pieno di zelo per Dio. Ai Giudei che lo ascoltano dopo il suo arresto egli paragona appunto il suo zelo al loro: "... pieno di zelo per Dio, come oggi siete tutti voi".
E dunque possibile essere pieni di zelo per Dio, ma in modo sbagliato. San Paolo stesso lo dice nella lettera ai Romani: "Essi hanno molto zelo, ma non è uno zelo secondo Dio", è uno zelo per Dio, ma concepito secondo gli uomini (cfr. Rm 10,2).
Ora, mentre Paolo, pieno di zelo per Dio, usava tutti i mezzi e in particolare quelli violenti per mantenere l'unità del popolo di Dio, Dio lo ha completamente "convertito", rivolgendogli quelle parole che rivelano chiaramente quale sia la vera unità. "Chi sei, o Signore? Mi disse: Io sono Gesù il Nazareno, che tu perseguiti". Nelle tre narrazioni della conversione di Paolo molti dettagli cambiano: alcuni vengono aggiunti, altri scompaiono, ma queste parole si trovano sempre, perché sono veramente centrali. Paolo evidentemente non aveva coscienza di perseguitare Gesù, caricando di catene i cristiani, ma il Signore in questo momento gli rivela l'unità profonda esistente fra lui e i suoi discepoli: "Io sono Gesù il Nazareno, che tu perseguiti". Forse proprio allora Paolo ebbe la prima rivelazione del corpo di Cristo, del quale ha parlato poi nelle sue lettere. Tutti siamo membra di Cristo per la fede in lui: in questo consiste la nostra unità.
Gesù stesso fonda la sua Chiesa visibile. "Che devo fare, Signore" chiede Paolo, e il Signore non gli risponde direttamente: "Prosegui verso Damasco; là sarai informato di tutto ciò che è stabilito che tu faccia". Lo manda dunque alla Chiesa, non vuole per il suo Apostolo una conversione individualistica, senza alcun rapporto con gli altri discepoli. Egli deve inserirsi nella Chiesa, Corpo di Cristo, al quale deve aderire per vivere nella vera fede.
Dopo la sua conversione Paolo ha conservato in cuore il desiderio di essere unito al popolo di Israele. Lo scrive nella lettera ai Romani con parole che non si possono leggere senza profonda commozione: "Dico la verità in Cristo, non mentisco, e la mia coscienza me ne dà testimonianza nello Spirito Santo: ho nel cuore un grande dolore e una sofferenza continua. Vorrei infatti essere io stesso anatema, separato da Cristo a vantaggio dei miei fratelli, miei consanguinei secondo la carne. Essi sono Israeliti e possiedono l'adozione a figli, la gloria, le alleanze, la legislazione, il culto, le promesse, i patriarchi; da essi proviene Cristo secondo la carne, egli che è sopra ogni cosa, Dio benedetto nei secoli".
Ogni cristiano dovrebbe avere questa tristezza continua, che non impedisce di essere gioiosi in Cristo, perché è una tristezza secondo Dio, che ci unisce al cuore di Cristo. E la sofferenza per il popolo di Israele che non riconosce Cristo, per i cristiani che sono divisi e non giungono all'unità che il Signore vuole.