venerdì 27 giugno 2014

29 GIUGNO SANTI PIETRO E PAOLO, APOSTOLI

 
La solennità odierna è antichissima: è stata inserita nel Santorale romano molto prima di quella di Natale. Nei secolo IV si celebravano già tre messe: una in san Pietro in Vaticano, l’altra in san Paolo fuori le mura, la terza alle catacombe di san Sebastiano dove furono probabilmente nascosti per un certo tempo, all’epoca delle invasioni, i corpi dei due apostoli.

San Pietro

Simone era un pescatore di Betsaida (Lc 5,3; Gv 1,44), che si era più tardi stabilito a Cafarnao (Mc 1,2 1.29). Il fratello Andrea lo introduce al seguito di Gesù (Gv 1,42); ma probabilmente Simone era stato preparato a questo incontro da Giovanni Battista. Il Cristo gli cambia nome e lo chiama «Pietra» (Mt 16,17-19; Gv 21,15-17), per realizzare nella sua persona il tema della pietra fondamentale. Simon Pietro è uno dei primi testimoni che vede la tomba vuota (Gv 20,6) ed ha una speciale apparizione di Gesù risorto (Lc 24,34).
Dopo l’ascensione egli prende la direzione della comunità cristiana (At 1,15; 15,7), enuncia le linee programmatiche della Buona Novella (At 2,14-41) e, per diretto intervento dello Spirito Santo, è il primo a prendere coscienza della necessità di aprire la Chiesa ai pagani (At 10—11).
Questa missione spirituale non lo libera dalla condizione umana, né dalle deficienze dei suo temperamento (cf, ad es.: Mt 14,30; Gv 13,6; 18,10).
Paolo non esita a contraddirlo nella famosa discussione di Antiochia (At 15; Gal 2,11-14), per invitarlo a liberarsi dalle pratiche ebraiche. Pare infatti che su questo punto Pietro abbia tardato ad aprire lo spirito e che egli tendesse a considerare i cristiani di origine pagana come una comunità inferiore a quella dei cristiani di origine ebraica (At 6,1-2). Quando viene a Roma, Pietro diviene l’apostolo di tutti. Allora egli compie pienamente la sua missione di «pietra angolare», riunendo in un solo «edificio» i Giudei ed i pagani e suggella questa missione con il suo sangue

San Paolo
Paolo, dopo la conversione sulla strada di Damasco, percorre, in quattro o cinque viaggi, il Mediterraneo. Fa il primo viaggio in compagnia di Barnaba (At 13—14): partono da Antiochia, si fermano nell’isola di Cipro e poi percorrono l’Asia Minore, l’attuale Turchia. Dopo il convegno degli apostoli a Gerusalemme, Paolo inizia un secondo viaggio, questa volta espressamente quale «inviato» dei «Dodici» (At 15,36—18,22). Riattraversa l’Asia Minore, evangelizza la Frigia e la Galazia ove si ammala (Gal 4,13). Passa poi in Europa assieme a Luca e fonda la comunità di Filippi (Grecia settentrionale). Dopo un periodo di prigionia evangelizza la Grecia: ad Atene la sua missione si incaglia davanti ai filosofi; a Corinto fonda la comunità che gli dà più fastidi. Poi rientra ad Antiochia.
Un terzo viaggio (At 18,23—21,17) lo riporta alle Chiese fondate nella attuale Turchia, specialmente a Efeso, poi in Grecia e a Corinto. Di passaggio a Mileto, annuncia agli anziani le sue prove imminenti. Infatti, poco dopo il suo ritorno a Gerusalemme, è arrestato dagli Ebrei e imprigionato (At 21). Essendo cittadino romano, Paolo si appella a Roma.
Intraprende così un quarto viaggio, verso Roma, ma non più in stato di libertà (At 21—28). Raggiunge Roma verso l’anno 60 o 61; è trattenuto in prigione fin verso il 63; intanto, approfittando di alcune facilitazioni, entra in frequente contatto con i cristiani della città e scrive le « lettere della prigionia ».
Liberato dalla prigione nel 63, compie, probabilmente, un ultimo viaggio in Spagna (Rm 15,24-28) o verso le comunità dirette da Timoteo e da Tito, ai quali scrive delle lettere che lasciano intravedere la sua prossima fine. Arrestato e di nuovo imprigionato, Paolo subisce il martirio intorno all’anno 67.

Pietro e Paolo: due nomi che lungo i secoli hanno personificato la Chiesa intera nella sua ininterrotta Tradizione; con la loro predicazione infatti il Signore ha «dato alla Chiesa le primizie della fede cristiana» (cf le due collette). Ai due primi maestri della fede si è giunti anche a «confessare» i peccati nel Confiteor, proprio riconoscendo in essi la Chiesa storica. Anche per gli Orientali i due «fratelli» sono sinonimo di tutto il collegio apostolico, come pietre fondamentali della fede.

Ancora oggi il Papa invoca l’autorità dei santi apostoli Pietro e Paolo quando nei suoi atti ufficiali intende riferire la Tradizione alla sua sorgente: la parola di Dio. Solo dall’ascolto di tale parola nello Spirito la Chiesa può essere «resa perfetta nell’amore in unione con il Papa, con i Vescovi e tutto l’ordine sacerdotale».
 

Questi martiri hanno visto ciò che hanno predicato
Dai «Discorsi» di sant'Agostino, vescovo (Disc. 295, 1-2. 4. 7-8; PL 38, 1348-1352)
Il martirio dei santi apostoli Pietro e Paolo ha reso sacro per noi questo giorno. Noi non parliamo di martiri poco conosciuti; infatti «per tutta la terra si diffonde la loro voce ai confini del mondo la loro parola» (Sal 18, 5). Questi martiri hanno visto ciò che hanno predicato. Hanno seguito la giustizia. Hanno testimoniato la verità e sono morti per essa.
Il beato Pietro, il primo degli apostoli, dotato di un ardente amore verso Cristo, ha avuto la grazia di sentirsi dire da lui: «E io ti dico: Tu sei Pietro» (Mt 16, 18). E precedentemente Pietro si era rivolto a Gesù dicendo: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente» (Mt 16, 16). E Gesù aveva affermato come risposta: «E io ti dico: Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa» (Mt 16, 18). Su questa pietra stabilirò la fede che tu professi. Fonderò la mia chiesa sulla tua affermazione: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente». Tu infatti sei Pietro. Pietro deriva da pietra e non pietra da Pietro. Pietro deriva da pietra, come cristiano da Cristo.
Il Signore Gesù, come già sapete, scelse prima della passione i suoi discepoli, che chiamò apostoli. Tra costoro solamente Pietro ricevette l'incarico di impersonare quasi in tutti i luoghi l'intera Chiesa. Ed è stato in forza di questa personificazione di tutta la Chiesa che ha meritato di sentirsi dire da Cristo: «A te darò le chiavi del regno dei cieli» (Mt 16, 19). Ma queste chiavi le ha ricevute non un uomo solo, ma l'intera Chiesa. Da questo fatto deriva la grandezza di Pietro, perché egli è la personificazione dell'universalità e dell'unità della Chiesa. «A te darò» quello che è stato affidato a tutti. E' ciò che intende dire Cristo. E perché sappiate che è stata la Chiesa a ricevere le chiavi del regno dei cieli, ponete attenzione a quello che il Signore dice in un'altra circostanza: «Ricevete lo Spirito Santo» e subito aggiunge: «A chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi» (Gv 20, 22-23).
Giustamente anche dopo la risurrezione il Signore affidò allo stesso Pietro l'incombenza di pascere il suo gregge. E questo non perché meritò egli solo, tra i discepoli, un tale compito, ma perché quando Cristo si rivolge ad uno vuole esprimere l'unità. Si rivolge da principio a Pietro, perché Pietro è il primo degli apostoli.
Non rattristarti, o apostolo. Rispondi una prima, una seconda, una terza volta. Vinca tre volte nell'amore la testimonianza, come la presunzione è stata vinta tre volte dal timore. Deve essere sciolto tre volte ciò che hai legato tre volte. Sciogli per mezzo dell'amore ciò che avevi legato per timore.
E così il Signore una prima, una seconda, una terza volta affidò le sue pecorelle a Pietro.
Un solo giorno è consacrato alla festa dei due apostoli. Ma anch'essi erano una cosa sola. Benché siano stati martirizzati in giorni diversi, erano una cosa sola. Pietro precedette, Paolo seguì. Celebriamo perciò questo giorno di festa, consacrato per noi dal sangue degli apostoli.
Amiamone la fede, la vita, le fatiche, le sofferenze, le testimonianze e la predicazione. 

domenica 22 giugno 2014

Angelus Domini 2014-06-22

venerdì 20 giugno 2014

Papa Francesco: Soltanto il cibo che ci dà il Signore ci nutre veramente e ci sazia

Papa Francesco corpus domini 2014 il cibo che sazia
Oltre alla fame fisica” ha fatto notare Papa Francesco durante l’Omelia del 19 giugno 2014,in occasione durante la celebrazione del Corpus Domini 2014 “l’uomo porta in sé un’altra fame“.

Questa fame, ha sottolineato il Pontefice “non può essere saziata con cibo ordinario” e di questo ce ne rendiamo conto anche ai giorni nostri, nei quali “ci sono tante offerte di cibo” che fanno in modo che “alcuni si nutrano con il denaro, altri con il successo e la vanità, altri con il potere e l’orgoglio” ma nessuno di questi è mai realmente sazio.
La sfida, come cristiani  è quella di imparare a “riconoscere il pane falso“, che è un pane che non sazia e corrompe: poiché il cibo che “ci sazia è soltanto quello che ci dà il Signore“.
La fame dell’uomo non è solo fisica, ma è – ha spiegato Bergoglio – “fame di vita“, fame “di amore” e fame “di eternità“. Solamente Gesù “ci dona questo cibo“: è il Corpo di Cristo, l’unico capace di dare “vita eterna“, l’unico in grado di saziare veramente.
Il Corpo di Cristo “è il vero cibo sotto la specie del pane – annota il Santo Padre - il suo Sangue è la vera bevanda sotto la specie del vino“. Si tratta, certo, di un cibo “diverso dagli altri, e forse non ci sembra così gustoso – ha ulteriormente spiegato Papa Francesco –  come certe vivande che ci offre il mondo“.
Questo è proprio quanto successe agli Ebrei, e che rivediamo nel racconto della Prima Lettura, che “rimpiangevano la carne e le cipolle che mangiavano in Egitto, ma dimenticavano che quei pasti li mangiavano alla tavola della schiavitù“.
Così anche noi oggi, ha quindi concluso Papa Francesco, dobbiamo difenderci dalla tentazione di “sognare altri pasti” e nutrirci dell’Unico Pane capace di saziarci veramente “perché la sostanza di questo pane è Amore“.

Liturgia del Santissimo Corpo e Sangue di Cristo - Anno A *

DOMENICA DOPO LA TRINITA' 
SANTISSIMO CORPO E SANGUE DI CRISTO
 
Anno A - Solennità

MISSALE  ROMANUM VETUS  ORDO
   
LETTURE: Dt 8,2-3.14b-16a; Sal 147; 1 Cor 10,16-17; Gv 6,51-58
   
Cristo rimane con noi nel segno della sua Pasqua
La vita dell’uomo è popolata di presenze. Presenze visibili e vicine come quella di una madre che veglia sul bimbo che gioca o che riposa. Presenze invisibili come quella di due persone che si amano, si pensano e s’incontrano al di là della distanza e della lontananza del corpo.
Presenze che procurano quiete, soddisfazione, sicurezza, e presenze tempestose, sconvolgenti, che incombono come una minaccia... 


Il significato di una presenza
Sul piano dell’esperienza umana profonda, l’uomo fa l’esperienza singolare di una presenza misteriosa ma reale che tocca il centro del suo essere; una presenza che ispira un ineffabile sentimento di fiducia, di sicurezza e che lo appella nell’intimo. È la rivelazione e la presa di coscienza della presenza creatrice di Dio che ci fa esistere, di quel Dio «nel quale viviamo, ci muoviamo, ed esistiamo» (At 17,28), una presenza che «sostenta» l’uomo, lo «nutre» (prima lettura).
La presenza di Dio in mezzo a noi ha assunto, nella storia, la forma visibile e tangibile di Gesù, immagine visibile del Dio invisibile, rivelatore del mistero del Padre. La sua incarnazione e nascita a Betlemme, da Maria vergine, al tempo di Cesare Augusto, è l’apice di una lunga serie di segni attraverso i quali il Dio vivente aveva fatto sentire la sua presenza (Patriarchi, Re, Profeti, Santi dell’Antico Testamento...). Dopo l’Ascensione che lo sottrae alla sensibile esperienza degli uomini, la presenza di Gesù cambia segno ma non realtà. Egli resta e si dona sotto il segno del pane spezzato e del vino, nei quali offre il suo Corpo in cibo e il suo Sangue in bevanda di salvezza e di vita (seconda lettura e vangelo). Egli rimane con noi sino alla fine del mondo. 
 

Noi facciamo «memoria» di lui
Ora noi possiamo incontrare Gesù attraverso la «memoria» di lui, specialmente la «memoria» liturgico-sacramentale. Durante la celebrazione liturgica noi facciamo, infatti, memoria di Gesù, della sua vita, della sua morte, della sua risurrezione, rendendolo in tal modo presente in mezzo a noi. Non si tratta, però, di una presenza disincarnata, di una memoria che si affida solo al ricordo. Si tratta di una memoria che attraverso i segni del pane e del vino mangiati e condivisi dalla comunità, rende presente Cristo nella sua realtà e nel mistero che ci vengono comunicati.
Poiché Cristo è al centro e al vertice di tutta la storia della salvezza, l’Eucaristia, memoriale della sua passione-morte-risurrezione, è ricordò e celebrazione di tutta la storia della salvezza: lo è delle vicende di Israele, «popolo di Dio»; della vita di Cristo; della storia e della vita attuale della Chiesa, «nuovo popolo di Dio». Che cosa si deve intendere per «memoria»? Nella memoria si conserva il passato. Ogni evento umano si compie in modo transitorio: unico e irripetibile. Non lo possiamo trattenere né richiamare quando è passato. In questo sta il suo valore ed anche il suo limite, la sua preziosità e la sua transitorietà, la sua bellezza e la sua impotenza. 

Possiamo tuttavia richiamare il passato col ricordo. Per questo teniamo desta la sua memoria. Di talune opere e persone si dice che sono imperiture. Hanno valore storico. Affinché la loro memoria in noi non si spenga, ricordiamo queste opere o queste persone con un segno, un monumento, una stele, una fiamma perenne...

Una memoria viva, memoria di fede
Il sacrificio eucaristico è una forma di memoria sostanzialmente diversa dalle altre. Ci si ricorda del Signore anche nella forma sopra descritta, quando viene innalzata una croce in ricordo della passione. Ci si ricorda di lui quando si legge insieme il vangelo o si compiono certi gesti che evocano quelli di Gesù (= sacramenti). Il carattere di memoria proprio dell’Eucaristia verrebbe sottovalutato se lo si riducesse solo ad una di queste forme. Essa non è memoria psicologica nel senso di un ricordo, né semplicemente oggettiva nel senso del monumento.
È una commemorazione di specie tutta propria, in cui l’elemento psicologico e quello ontologico si congiungono in una unità superiore. Non è una memoria puramente intenzionale, ma una memoria piena di realtà. I Padri la chiamano spesso una «imitazione» della morte di Gesù Cristo. Tuttavia essa non è una riproduzione in senso esterno, bensì nel senso di un’intima unione, in quanto nell’Eucaristia per mezzo del simbolo sacramentale è presente la morte di Cristo. 

L’Eucaristia è un’epifania sacramentale della Pasqua, e ciò si può conoscere soltanto per mezzo della fede. L’Eucaristia è, quindi, una memoria di fede.
 
O prezioso e meraviglioso convito!
Dalle «Opere» di san Tommaso d'Aquino, dottore della Chiesa
(Opusc. 57, nella festa del Corpo del Signore, lect. 1-4)

L'Unigenito Figlio di Dio, volendoci partecipi della sua divinità, assunse la nostra natura e si fece uomo per far di noi, da uomini, déi. Tutto quello che assunse, lo valorizzò per la nostra salvezza. Offrì infatti a Dio Padre il suo corpo come vittima sull'altare della croce per la nostra riconciliazione. Sparse il suo sangue facendolo valere come prezzo e come lavacro, perché, redenti dalla umiliante schiavitù, fossimo purificati da tutti i peccati. Perché rimanesse in noi, infine, un costante ricordo di così grande beneficio, lasciò ai suoi fedeli il suo corpo in cibo e il suo sangue come bevanda, sotto le specie del pane e del vino.
O inapprezzabile e meraviglioso convito, che dà ai commensali salvezza e gioia senza fine! Che cosa mai vi può essere di più prezioso? Non ci vengono imbandite le carni dei vitelli e dei capri, come nella legge antica, ma ci viene dato in cibo Cristo, vero Dio. Che cosa di più sublime di questo sacramento? Nessun sacramento in realtà é più salutare di questo: per sua virtù vengono cancellati i peccati, crescono le buone disposizioni, e la mente viene arricchita di tutti i carismi spirituali. Nella Chiesa l'Eucaristia viene offerta per i vivi e per i morti, perché giovi a tutti, essendo stata istituita per la salvezza di tutti.
Nessuno infine può esprimere la soavità di questo sacramento. Per mezzo di esso si gusta la dolcezza spirituale nella sua stessa fonte e si fa memoria di quella altissima carità, che Cristo ha dimostrato nella sua passione. Egli istituì l'Eucaristia nell'ultima cena, quando, celebrata la Pasqua con i suoi discepoli, stava per passare dal mondo al Padre. L'Eucaristia é il memoriale della passione, il compimento delle figure dell'Antica Alleanza, la più grande di tutte le meraviglie operate dal Cristo, il mirabile documento del suo amore immenso per gli uomini.
 
MESSALE
Antifona d'Ingresso  Sal 80,17
Il Signore ha nutrito il suo popolo
con fior di frumento,
lo ha saziato di miele della roccia.
 
Cibávit eos ex ádipe fruménti,
et de petra melle saturávit eos.
 

Colletta

Signore Gesù Cristo, che nel mirabile sacramento dell'Eucaristia ci hai lasciato il memoriale della tua Pasqua, f
a' che adoriamo con viva fede il santo mistero del tuo Corpo e del tuo Sangue, per sentire sempre in noi i benefici della redenzione. Tu sei Dio...
 
Deus, qui nobis sub sacraménto mirábili passiónis tuæ memóriam reliquísti, tríbue, quæsumus, ita nos Córporis et Sánguinis tui sacra mystéria venerári, ut redemptiónis tuæ fructum in nobis iúgiter sentiámus. Qui vivis et regnas cum Deo Patre in unitáte Spíritus Sancti, Deus, per ómnia sæcula sæculórum.
 
Oppure:

Dio fedele, che nutri il tuo popolo con amore di Padre, ravviva in noi il desiderio di te, fonte inesauribile di ogni bene: f
a' che, sostenuti dal sacramento del Corpo e Sangue di Cristo, compiamo il viaggio della nostra vita, fino ad entrare nella gioia dei santi, tuoi convitati alla mensa del regno. Per il nostro Signore Gesù Cristo...

LITURGIA DELLA PAROLA

Prima Lettura  Dt 8, 2-3. 14b-16a
Ti ha nutrito di un cibo, che tu non conoscevi e che i tuoi padri non avevano mai conosciuto.
 

Dal libro del Deuteronòmio
Mosè parlò al popolo dicendo:
«Ricòrdati di tutto il cammino che il Signore, tuo Dio, ti ha fatto percorrere in questi quarant’anni nel deserto, per umiliarti e metterti alla prova, per sapere quello che avevi nel cuore, se tu avresti osservato o no i suoi comandi.
Egli dunque ti ha umiliato, ti ha fatto provare la fame, poi ti ha nutrito di manna, che tu non conoscevi e che i tuoi padri non avevano mai conosciuto, per farti capire che l’uomo non vive soltanto di pane, ma che l’uomo vive di quanto esce dalla bocca del Signore.
Non dimenticare il Signore, tuo Dio, che ti ha fatto uscire dalla terra d’Egitto, dalla condizione servile; che ti ha condotto per questo deserto grande e spaventoso, luogo di serpenti velenosi e di scorpioni, terra assetata, senz’acqua; che ha fatto sgorgare per te l’acqua dalla roccia durissima; che nel deserto ti ha nutrito di manna sconosciuta ai tuoi padri».


Salmo Responsoriale  Dal Salmo 147
Loda il Signore, Gerusalemme.
 

Celebra il Signore, Gerusalemme,
loda il tuo Dio, Sion,
perché ha rinforzato le sbarre delle tue porte,
in mezzo a te ha benedetto i tuoi figli.

Egli mette pace nei tuoi confini
e ti sazia con fiore di frumento.
Manda sulla terra il suo messaggio:
la sua parola corre veloce.

Annuncia a Giacobbe la sua parola,
i suoi decreti e i suoi giudizi a Israele.
Così non ha fatto con nessun’altra nazione,
non ha fatto conoscere loro i suoi giudizi.


Seconda Lettura  1 Cor 10, 16-17

Poiché vi è un solo pane, noi siamo, benché molti, un solo corpo.

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi
Fratelli, il calice della benedizione che noi benediciamo, non è forse comunione con il sangue di Cristo? E il pane che noi spezziamo, non è forse comunione con il corpo di Cristo?
Poiché vi è un solo pane, noi siamo, benché molti, un solo corpo: tutti infatti partecipiamo all’unico pane.

 
SEQUENZA
 
[ Sion, loda il Salvatore,
la tua guida, il tuo pastore
con inni e cantici.
 
    Lauda Sion Salvatorem,
    lauda ducem et pastorem,
    in hymnis et canticis.
 
Impegna tutto il tuo fervore:
egli supera ogni lode,
non vi è canto che sia degno. 
 
    Quantum potes, tantum aude:
    quia major omni laude,
    nec laudare sufficis,

Pane vivo, che dà vita:
questo è tema del tuo canto,
oggetto della lode.
 
    laudis thema specialis,
    panis vivus et vitalis
    hodie proponitur.

Veramente fu donato
agli apostoli riuniti
in fraterna e sacra cena.
 
   Quem in sacræ mensæ coenæ,
    turbæ fractrum duodenæ
    datum non ambigitur.

Lode piena e risonante,
gioia nobile e serena
sgorghi oggi dallo spirito. 

    Sit laus plena, sit sonora,
    sit jucunda, sit decora
    mentis jubilatio.

Questa è la festa solenne
nella quale celebriamo
la prima sacra cena.

    Dies enim solemnis agitur,
    in qua mensæ prima recolitur
    Hujus institutio.

E il banchetto del nuovo Re,
nuova, Pasqua, nuova legge;
e l'antico è giunto a termine. 

    In hac mensa novi Regis,
    novum Pascha novæ legis,
       phase vetus terminat.

Cede al nuovo il rito antico,
la realtà disperde l'ombra:
luce, non più tenebra. 
   
    Vetustatem novitas,
    umbram fugat veritas,
    noctem lux eliminat.

Cristo lascia in sua memoria
ciò che ha fatto nella cena:
noi lo rinnoviamo,
 
    Quod in coena Christus gessit,
    faciendum hoc expressit
    in sui memoriam.

Obbedienti al suo comando,
consacriamo il pane e il vino,
ostia di salvezza. 

    Docti sacris institutis,
    panem, vinum in salutis
    consecramus hostiam.

È certezza a noi cristiani:
si trasforma il pane in carne,
si fa sangue il vino. 

    Dogma datur christianis,
    Quod in carnem transit panis,
       Et vinum in sanguinem.

Tu non vedi, non comprendi,
ma la fede ti conferma,
oltre la natura. 

    Quod non capis, quod non vides,
    animosa firmat fides,
    Præter rerum ordinem.

È un segno ciò che appare:
nasconde nel mistero 

realtà sublimi.

      Sub diversis speciebus,
   signis tantum, et non rebus,
      latent res eximiæ.
 
Mangi carne, bevi sangue;
ma rimane Cristo intero
in ciascuna specie.
 
    Caro cibus, sanguis potus:
    manet tamen Christus totus
       sub utraque specie.
 
Chi ne mangia non lo spezza,
né separa, né divide:
intatto lo riceve.
 
    A sumente non concisus,
    non confractus, non divisus:
    integer accipitur.

Siano uno, siano mille,
ugualmente lo ricevono:
mai è consumato. 

    Sumit unus, sumunt mille:
    quantum isti, tantum ille:
    Nec sumptus consumitur.
 
Vanno i buoni, vanno gli empi;
ma diversa ne è la sorte:
vita o morte provoca.
 
    Sumunt boni, sumunt mali:
    sorte tamen inæquali,
    
vitæ vel interitus.

Vita ai buoni, morte agli empi:
nella stessa comunione
ben diverso è l'esito! 

    Mors est malis, vita bonis:
    Vide paris sumptionis
    quam sit dispar exitus.

Quando spezzi il sacramento
non temere, ma ricorda:
Cristo è tanto in ogni parte,
quanto nell'intero. 

    Fracto demum sacramento,
    ne vacille, sed memento
    tantum esse sub fragmento,

È diviso solo il segno
non si tocca la sostanza;
nulla è diminuito 

della sua persona.
]

    Quantum tot tegitur.
    Nulla rei fit scissura:
    Signi tantum fit fractura,
    qua nec status, nec statura       
    signati minuitur.

Ecco il pane degli angeli,
pane dei pellegrini,
vero pane dei figli:
non dev'essere gettato.

    Ecce Panis Angelorum,
    factus cibus viatorum:
    vere panis flliorum,
    non mittendus canibus.
 
Con i simboli è annunziato,
in Isacco dato a morte,
nell'agnello della Pasqua,
nella manna data ai padri. 
 
    In figuris præsignatur,
    cuni Isaac immolatur,
    Agnus Paschæ deputatur,
    datur manna patribus.

Buon pastore, vero pane,
o Gesù, pietà di noi:
nutrici e difendici,
portaci ai beni eterni
nella terra dei viventi. 
 
    Bone pastor, panis vere,
    Jesu, nostri miserere:
    Tu nos pasce, nos tuere,
    tu nos bona fac videre
    in terra viventium.

Tu che tutto sai e puoi,
che ci nutri sulla terra,
conduci i tuoi fratelli
alla tavola del cielo 

nella gioia dei tuoi santi.

 
    Tu qui cuncta seis et vales,
    qui nos pascis hic mortales:
    Tuos ibi commensales,
    coheredes et sodales
    fac sanctorum civium.
      Amen. (Alleluia).
  
Canto al Vangelo
 
Gv 6,51
Alleluia, alleluia.

Io sono il pane vivo, disceso dal cielo, dice il Signore,
se uno mangia di questo pane vivrà in eterno.

Alleluia.

   
   
Vangelo 
Gv 6, 51-58
La mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda.
 

Dal vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù disse alla folla:
«Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».
Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?».
Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda.
Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno».


Sulle Offerte

Concedi benigno alla tua Chiesa, o Padre, i doni dell'unità e della pace, misticamente significati nelle offerte che ti presentiamo. Per Cristo nostro Signore.
 
Ecclésiæ tuæ, quæsumus, Dómine, unitátis et pacis propítius dona concéde, quæ sub oblátis munéribus mystice designántur. Per Christum.
 
Prefazio della Santa Eucaristia I
L'Eucaristia memoriale del sacrificio di Cristo

E' veramente cosa buona e giusta,
nostro dovere e fonte di salvezza,
rendere grazie sempre e in ogni luogo a te,
Signore, Padre santo, Dio onnipotente e misericordioso,
per Cristo nostro Signore.

Sacerdote vero ed eterno,
egli istituì il rito del sacrificio perenne;
a te per primo si offrì vittima di salvezza,
e comandò a noi di perpetuare l'offerta in sua memoria.
Il suo corpo per noi immolato è nostro cibo e ci dà forza,
il suo sangue per noi versato
è la bevanda che ci redime da ogni colpa.

Per questo mistero del tuo amore,
uniti agli angeli e ai santi,
cantiamo con gioia l'inno della tua lode:

Santo, Santo, Santo ...
 
Vere dignum et iustum est,
æquum et salutáre, nos tibi semper et ubíque grátias ágere:
Dómine, sancte Pater, omnípotens ætérne Deus:
per Christum Dóminum nostrum.
 
Qui, verus æternúsque Sacérdos,
formam sacrifícii perénnis instítuens,
hóstiam tibi se primus óbtulit salutárem,
et nos, in sui memóriam, præcépit offérre.
Cuius carnem pro nobis immolátam dum súmimus, roborámur,
et fusum pro nobis sánguinem dum potámus, ablúimur.
 
Et ídeo cum Angelis et Archángelis,
 cum Thronis et Dominatiónibus,
cumque omni milítia cæléstis exércitus,
hymnum glóriæ tuæ cánimus, sine fine dicéntes:
 
Sanctus, Sanctus, Sanctus Dóminus Deus Sábaoth.
 
Antifona alla Comunione 
Gv 6,56
Dice il Signore:
«Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue,
rimane in me ed io in lui». Alleluia.
 
Qui mandúcat meam carnem et bibit meum sánguinem,
in me manet et ego in eo, dicit Dóminus.

Dopo la Comunione
Donaci, Signore, di godere pienamente della tua vita divina nel convito eterno, che ci hai fatto pregustare in questo sacramento del tuo Corpo e del tuo Sangue. Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli.
 
Fac nos, quæsumus, Dómine, divinitátis tuæ sempitérna fruitióne repléri, quam pretiósi Córporis et Sánguinis tui temporális percéptio præfigúrat. Qui vivis et regnas in sæcula sæculórum.

martedì 17 giugno 2014

Papa Francesco: La corruzione viene pagata dai poveri: poveri materiali, poveri spirituali

la corruzione viene pagata dai poveri: poveri materiali, poveri spirituali
Papa Francesco nella riflessione di oggi, facendo riferimento alla Prima Lettura ha trattato il tema della corruzione nella politica, negli affari e nei sacerdoti.


La Prima Lettura del giorno (1 Re 21, 1-16) narra la vicenda di re Acab che, per mezzo della corruzione e dell’assassinio di un uomo, riesce a diventare proprietario di un terreno. Così, facendo un parallelo coi giorni nostri, il Pontefice che detto che “sui giornali noi leggiamo tante volte: ah, è stato portato in tribunale quel politico che si è arricchito magicamente” oppure “è stato portato in tribunale quel capo di azienda che magicamente si è arricchito, cioè sfruttando i suoi operai” così come purtroppo leggiamo “un prelato che ha lasciato il suo dovere pastorale per curare il suo potere e si è arricchito troppo“.
Di questi “corrotti“, come li ha definiti il Santo Padre, “dappertutto ce ne sono… e dobbiamo dire la verità: la corruzione è proprio il peccato a portata di mano – ha detto – che ha quella persona che ha autorità sugli altri, sia economica, sia politica, sia ecclesiastica“.
È la vecchia tentazione dell’uomo che “si sente quasi Dio” e “quando uno ha autorità” è facile sentirsi così. Proprio per questo si tratta di una peccato “a portata di mano” che all’apparenza, molte volte, non crea alcun danno. Ma invece qualcuno paga i danni di tutto questo: nella Prima Lettura sono Nabot e Stefano a pagarne il prezzo, mentre al giorno d’oggi sono “tanti, tanti… – che pagano la corruzione, che pagano la vita dei corrotti“.
Questi martiri della corruzione economica, della corruzione politica e della corruzione ecclesiastica“, come li ha definiti Papa Francesco, sono le persone ricoverate negli “ospedali senza medicine, i bambini senza educazione, gli ammalati che non hanno cura” così come la corruzione dei sacerdoti “la pagano i bambini, che non sanno farsi il segno della croce, che non sanno la catechesi, che non sono curati. La pagano i carcerati privi di attenzioni spirituali e la pagano gli ammalati che non sono visitati“.
In conclusione, “la corruzione viene pagata dai poveri” ha quindi detto il Vescovo di Roma, “poveri materiali, poveri spirituali“: l’unica strada per uscire da questa corruzione è il servizio, esercitare la propria autorità come servizio verso gli altri, come Gesù ci ha insegnato.

lunedì 9 giugno 2014

Papa Francesco: Noi cristiani siamo liberi, e la Chiesa ci vuole liberi!

Papa Francesco omelia Messa Pentecoste 2014 Regina Coeli 8 giugno 2014
Nel giorno di Pentecoste in cui si celebra la nascita della Chiesa, Papa Francesco ha ricordato, durante il Regina Coeli di oggi, che “la Chiesa che nasce a Pentecoste è una comunità che suscita stupore”: “se la Chiesa è viva, sempre deve sorprendere – ha detto – Una Chiesa che non abbia la capacità di sorprendere è una Chiesa debole, morente, ammalata e deve essere ricoverata nel reparto di rianimazione, quanto prima!
La Chiesa oggi riceve lo Spirito Santo, che è il dono del Padre promesso da Gesù, che trasforma gli Apostoli  che “pochi minuti prima erano tutti codardi” in veri testimoni del Vangelo, che “parlano con coraggio e franchezza, con la libertà dello Spirito Santo“.
Qualcuno, a Gerusalemme, avrebbe preferito che i discepoli di Gesù, bloccati dalla paura, rimanessero chiusi in casa per non creare scompiglio – ha commentato il Pontefice - Anche oggi tanti vogliono questo dai cristiani. Invece il Signore risorto li spinge nel mondo“.
È lo Spirito Santo che rende possibile a tutti di comprendere il “messaggio nuovo” che la Chiesa annuncia, la Resurrezione di Cristo, grazie a un nuovo linguaggio universale: il linguaggio dell’amore. Così una volta disceso lo Spirito Santo sugli Apostoli nel Cenacolo “la paura scompare e lascia il posto al coraggio – ha detto Bergoglio - le lingue si sciolgono e tutti capiscono l’annuncio“.
“La Chiesa di Pentecoste è una Chiesa che non si rassegna ad essere innocua, troppo “distillata” – ha quindi affermato il Santo Padre - È una Chiesa che non esita ad uscire fuori, incontro alla gente, per annunciare il messaggio che le è stato affidato, anche se quel messaggio disturba o inquieta le coscienze, anche se quel messaggio porta, forse, problemi e anche, a volte, ci porta al martirio”.
La Chiesa di Pentecoste è… una Chiesa che abbraccia il mondo ma non lo cattura – ha infine concluso Papa Francesco - lo lascia libero… Noi cristiani siamo liberi, e la Chiesa ci vuole liberi!

sabato 7 giugno 2014

Invocation for Peace

Solennità di Pentecoste

 
Il nome della solennità corrisponde al numero ordinale in lingua greca 50°=pentecostòs. Per gli Ebrei era la "Festa delle Settimane" perché segnava la fine di un periodo di 7 Settimane, e cioè 7 X 7 = 49 giorni dopo Pasqua (Esodo 23,16). Il 50° era gran festa perché si ringraziava Dio per il raccolto generale (Aprile-Maggio-Giugno) andato bene, offrendo i primi frutti (= le primizie) a Lui.
In seguito la festa servì per far memoria del patto/alleanza (ebraico "Berit") che il popolo fece con Dio al monte Sinai (vedi la Thorà - la Legge - le Dieci Parole o Comandamenti: Esodo 24,12). I Cristiani celebrano questa solennità per la discesa dello Spirito Santo sulla Chiesa nascente e attualizzarne gli effetti sulla Chiesa in cammino verso la Gerusalemme celeste con una nuova effusione di carismi per il bene e l'utilità comune.
Il Vangelo di Giovanni parla del "Paraclito" (Gv 14,16). La parola usata da Gesù nel contesto dell'ultima Cena e dei discorsi di addio fa riflettere sul suo ruolo per i credenti: Paraclito deriva dalla lingua greca ed è la fusione dell'avverbio di luogo parà=vicino e del verbo greco "kalèo=chiamare"; al passivo: Colui che è chiamato vicino per aiutare, illuminare nella comprensione dei misteri di Dio (profezia), difendere, testimoniare, consolare, intercedere, guidare alla interpretazione della Divina Rivelazione (la Sacra Scrittura), incoraggiare (vedi la parola greca "parresìa"=franchezza nel libro degli Atti degli Apostoli 4,13.29). Nella lingua latina il "Paraclitus" è il Consolatore, Colui che aiuta in situazioni difficili.
 
San Paolo fa un elenco di carismi o doni per il bene comune (1 Corinti 12,8-11): a uno, per mezzo dello Spirito, viene dato il linguaggio di sapienza; a un altro invece, dallo stesso Spirito, il linguaggio di conoscenza;  9a uno, nello stesso Spirito, la fede; a un altro, nell'unico Spirito, il dono delle guarigioni; 10a uno il potere dei miracoli; a un altro il dono della profezia; a un altro il dono di discernere gli spiriti; a un altro la varietà delle lingue; a un altro l'interpretazione delle lingue. 11Ma tutte queste cose le opera l'unico e medesimo Spirito, distribuendole a ciascuno come vuole.
E scrivendo ai Galati aggiunge in 5,22-23: Il frutto dello Spirito Santo è amore (agape), gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé; contro queste cose non c'è Legge.
 

I Doni dello Spirito Santo
Sapienza, per gustare le cose di Dio - Intelletto, dalla lingua latina intus lègere=leggere dentro, per approfondire le verità rivelate da Dio - Consiglio, per far scelte precise e prudenti - Fortezza, per superare nella gioia ogni difficoltà - Scienza, per giudicare in modo corretto le realtà create e le cose che sono opera di Dio - Pietà, per una relazione interpersonale con Dio creatore e Padre - Timor di Dio, per rispettare il ruolo di Dio, allontanare il male e lottare per il bene. In senso biblico vale "credere in Dio=fidarsi di Lui"

Nel profeta Isaia 11,2, testo in lingua ebraica originale, i doni del Messia sono 6; nella versione greca dei LXX e nella versione latina della Volgata sono 7 con l'aggiunta della "pietà"; così sono stati accolti dalla Chiesa istituzionale poiché la versione greca dei LXX era molto usata dalle comunità cristiane primitive: infatti le citazioni di testi dell'Antico Testamento in tutto il Nuovo, sono più numerose  

L'acqua viva uno dei simboli dello Spirito Santo 
 
Dalla Lettera di San Paolo apostolo ai Galati (5,16-23) testo e contesto completo
Sotto la guida dello Spirito di Dio
16 Vi dico dunque: camminate secondo lo Spirito e non sarete portati a soddisfare il desiderio della carne. 17La carne infatti ha desideri contrari allo Spirito e lo Spirito ha desideri contrari alla carne; queste cose si oppongono a vicenda, sicché voi non fate quello che vorreste.
18Ma se vi lasciate guidare dallo Spirito, non siete sotto la Legge. 19Del resto sono ben note le opere della carne: fornicazione, impurità, dissolutezza, 20idolatria, stregonerie, inimicizie, discordia, gelosia, dissensi, divisioni, fazioni, 21invidie, ubriachezze, orge e cose del genere. Riguardo a queste cose vi preavviso, come già ho detto: chi le compie non erediterà il regno di Dio. 22Il frutto dello Spirito invece è amore (agape), gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé; 23contro queste cose non c'è Legge.

TESTI PROFETICI SULLO SPIRITO SANTO
(i testi sono dell'ultima versione C.E.I. 2008)
 
Il primo testo è del profeta Ezechiele uno dei 4 grandi profeti scrittori. E' uno dei testi più importanti dell'A.T.: Lo Spirito sarà il dono che caratterizza i tempi della salvezza compiuta, quando l'unione di Dio con l'uomo raggiungerà le profondità di una intera comunione di vita: cfr. Gv 3, 23 ss.; Atti 2,16-39; Rm c. 8
 
Antico Testamento
Durante l’Esilio babilonese della tribù di Giuda, legata al Messia-Cristo (586-516 avanti Cristo=70 anni)
Ezechiele, 36,[24]Vi prenderò dalle genti, vi radunerò da ogni terra e vi condurrò sul vostro suolo. [25]Vi aspergerò con acqua pura e sarete purificati; io vi purificherò da tutte le vostre sozzure e da tutti i vostri idoli; [26]vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno spirito nuovo, toglierò da voi il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne.
[27]Porrò il mio spirito dentro di voi e vi farò vivere secondo i miei statuti e vi farò osservare e mettere in pratica le mie leggi. [31]Vi ricorderete della vostra cattiva condotta e delle vostre azioni che non erano buone e proverete disgusto di voi stessi per le vostre iniquità e le vostre nefandezze.
Dopo l’Esilio babilonese della tribù di Giuda>Messia
Gioele 3,[1] Io effonderò il mio spirito sopra ogni uomo e diverranno profeti i vostri figli e le vostre figlie; i vostri anziani faranno sogni, i vostri giovani avranno visioni. [2]Anche sopra gli schiavi e sulle schiave, in quei giorni, effonderò il mio spirito.
[3]Farò prodigi nel cielo e sulla terra, sangue e fuoco e colonne di fumo. [4]Il sole si cambierà in tenebre e la luna in sangue, prima che venga il giorno del Signore, grande e terribile. [5]Chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato, poiché sul monte Sion e in Gerusalemme vi sarà la salvezza, come ha detto il Signore, anche per i superstiti che il Signore avrà chiamati.
Libro dei 7 Sapienziali
Proverbi 1,[23]Volgetevi alle mie esortazioni: ecco, io effonderò il mio spirito su di voi e vi manifesterò le mie parole.
 
Nuovo Testamento
Quello che Gesù ha detto sullo Spirito Santo, Paràclito:
Luca 12, 49: Sono venuto a gettare fuoco sulla terra, e quanto vorrei che fosse già acceso! 50 Ho un battesimo nel quale sarò battezzato, e come sono angosciato finché non sia compiuto!
Giovanni, 7,37-39: 37Nell'ultimo giorno, il grande giorno della festa (delle Capanne), Gesù, ritto in piedi, gridò: "Se qualcuno ha sete, venga a me, e beva 38chi crede in me. Come dice la Scrittura: Dal suo grembo sgorgheranno fiumi di acqua viva". 39Questo egli disse dello Spirito che avrebbero ricevuto i credenti in lui: infatti non vi era ancora lo Spirito, perché Gesù non era ancora stato glorificato.
Giovanni 14,16: Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; 16 e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre, 17lo Spirito della verità, che il mondo non può ricevere perché non lo vede e non lo conosce.
Giovanni 14,26: 25Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. 26Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto.
Giovanni 15, 26: Quando verrà il Paràclito, che io vi manderò dal Padre, lo Spirito della verità che procede dal Padre, egli darà testimonianza di me; 27e anche voi date testimonianza, perché siete con me fin dal principio.
Giovanni 16,7-15: Ma io vi dico la verità: è bene per voi che io me ne vada, perché, se non me ne vado, non verrà a voi il Paràclito; se invece me ne vado, lo manderò a voi. 8E quando sarà venuto, dimostrerà la colpa del mondo riguardo al peccato, alla giustizia e al giudizio. 9Riguardo al peccato, perché non credono in me; 10riguardo alla giustizia, perché vado al Padre e non mi vedrete più; 11riguardo al giudizio, perché il principe di questo mondo è già condannato. Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. 13Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future. 14Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà. 15Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà.
 
Pietro dopo Pentecoste (Atti 2,1-11) in Atti 2,16-39
2,[16]Accade invece quello che predisse il profeta Gioele: [17]Negli ultimi giorni, dice il Signore, Io effonderò il mio Spirito sopra ogni persona; i vostri figli e le vostre figlie profeteranno, i vostri giovani avranno visioni e i vostri anziani faranno dei sogni. [18]E anche sui miei servi e sulle mie serve in quei giorni effonderò il mio Spirito ed essi profeteranno. [19]Farò prodigi in alto nel cielo e segni in basso sulla terra, sangue, fuoco e nuvole di fumo. [20]Il sole si muterà in tenebra e la luna in sangue, prima che giunga il giorno del Signore, giorno grande e splendido. [21]Allora chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato. Vedi v. 33 e v. 39. Seconda effusione dello Spirito Santo in Atti 4,23-31