venerdì 21 febbraio 2014

I primi cristiani e il Purgatorio


 

Cosa pensavano i primi cristiani

La risposta va cercata nelle tracce che la storia ci ha lasciato. Il primo esempio è tratto dal diario di una grande martire cristiana, di nome Perpetua, che fu uccisa a Cartagine, in Africa, il 7 marzo dell’anno 203 insieme ad altri cinque cristiani: Felicita, Revocato, Saturnino, Secundolo e il loro catechista Saturo. Siamo nell’anno 203, all’inizio del terzo secolo dopo Cristo.

Perpetua e i suoi compagni, fratelli nella fede, furono prima feriti gravemente da belve feroci e poi finiti con un colpo di grazia, passati a fil di spada.

Perpetua, mentre è in prigione, ha una duplice visione. Nella prima visione vede suo fratello Dinocrate, "morto a sette anni per un cancro che gli aveva devastato la faccia" al punto che, scrive Perpetua "la sua morte aveva fatto inorridire tutti". Nella prima visione, Perpetua vede suo fratellino uscire "da un luogo tenebroso dove vi era molta altra gente; era accaldato e assetato, sudicio e pallido. Il volto era sfigurato dalla piaga che l’aveva ucciso". E ancora, in questa prima visione, Perpetua vede suo fratello che tenta senza riuscirci di abbeverarsi ad una piscina e capisce che Dinocrate sta soffrendo. Non riesce ad abbeverarsi e questo era per lui motivo di grande sofferenza.

Perpetua prega per l’anima di suo fratello defunto. Il Signore ascolta le sue preghiere e in una seconda visione, Perpetua vede Dinocrate perfettamente guarito, in grado di abbeverarsi, capace di giocare come fanno tutti i bambini. Interpretando questa seconda visione, Perpetua scrive nel suo diario: "Mi svegliai e compresi che la pena (del Purgatorio) gli era stata rimessa".

Nel terzo secolo dopo Cristo i cristiani credevano pacificatamene all’esistenza del Purgatorio, come dimostra il diario della martire Perpetua.

Basta questo documento per smantellare l’accusa che il Purgatorio sarebbe stato inventato dalla Chiesa cattolica nel Medioevo.

Nella documentazione storica si colloca il notissimo epitaffio di Abercio. In questo epitaffio leggiamo: "Queste cose dettai direttamente io, Abercio, quando avevo precisamente settantadue anni di età. Vedendole e comprendendole, preghi per Abercio." Abercio era un cristiano, probabilmente vescovo di Ierapoli, in Asia Minore il quale, prima di morire, compose di propria mano il suo epitaffio, vale a dire l’iscrizione per la sua tomba. Si può facilmente comprendere come la Chiesa primitiva, la Chiesa dei primi secoli, credeva al Purgatorio e alla necessità di pregare per le anime dei defunti.

Un’altra preziosa testimonianza ci giunge da Tertulliano (ca 155 – ca 222).

Nel suo De Corona, Tertulliano scrive: "Nel giorno anniversario facciamo preghiere per i defunti". Nel suo De monogamia, scrive: "La moglie sopravvissuta al marito offre preghiere per la gioia di suo marito nei giorni anniversari della sua morte", dove si intende bene che la moglie prega perché l’anima del defunto giunga presto alla gioia del Paradiso.

Sant’Agostino attesta la fermissima fede della Chiesa dei primi secoli nella esistenza del Purgatorio. Scrive: "Non si può negare che le anime dei defunti possono essere aiutate dalla pietà dei loro cari ancora in vita, quando è offerto per loro il sacrificio del Mediatore (qui sant’Agostino sta parlando del sacrificio della Santa Messa), oppure mediante elemosine" (De fide, spe, et caritate).

Scrive sant’Efrem nel suo testamento: "Nel trigesimo della mia morte ricordatevi di me, fratelli, nella preghiera. I morti infatti ricevono aiuto dalla preghiera fatta dai vivi" (Testamentum). San Girolamo (ca 347 – 419 o 420) attesta che gli scritti di sant’Efrem erano letti pubblicamente in Chiesa, dopo la Sacra Bibbia.

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