mercoledì 18 dicembre 2013

Preghiere per la famiglia


LA SANTA FAMIGLIA


Corona alla Santa Famiglia
per la salvezza delle nostre famiglie

Preghiera iniziale:

 Mia Sacra Famiglia del Cielo, 
guidaci per il retto cammino, coprici con il Tuo Sacro Manto, 
e proteggici le nostre famiglie da ogni male 
durante la nostra vita qui sulla terra e per sempre. 
Amen. 

Padre nostro; Ave o Maria; Gloria al Padre

«Sacra Famiglia e mio Angelo custode, pregate per noi». 

Sui grani grossi: 

Dolce Cuore di Gesù, sii il nostro amore. 
Dolce Cuore di Maria, sii la nostra salvezza. 
Dolce Cuore di S. Giuseppe, sii il custode della nostra famiglia. 

Sui grani piccoli: 

Gesù, Maria, Giuseppe, Vi amo, salvate la nostra famiglia.

Alla fine: 

Sacri Cuori di Gesù, Giuseppe e Maria 
tenete la nostra famiglia unita in santa armonia. 


Preghiere di consacrazione delle nostre famiglie
alla Santa Famiglia di Nazareth

O Santa Famiglia di Nazareth,
Gesù Maria e Giuseppe,
la nostra famiglia si consacra a Te,
per tutta la vita e l'eternità.
Fa' che la nostra casa e il nostro cuore
siano un cenacolo di preghiera,
di pace, di grazia e di comunione.
Amen.


O Santissima Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe, 
speranza e consolazione delle famiglie cristiane, 
accogliete la nostra: noi ve la consacriamo interamente e per sempre. 

Benedite tutti i membri, 
dirigeteli tutti secondo i desideri dei vostri cuori, salvateli tutti.

Noi ve ne scongiuriamo 
per tutti i vostri meriti, per tutte le vostre virtù, 
e soprattutto per l'amore che vi unisce 
e per quello che portate ai vostri figli adottivi. 

Non permettete mai che qualcuno di noi 
abbia a precipitare nell'inferno. 

Richiamate a voi quelli che avessero la disgrazia 
di abbandonare i vostri insegnamenti e il vostro amore. 

Sorreggete i nostri passi vacillanti in mezzo alle prove
 e ai pericoli della vita. 

Soccorreteci sempre, e specialmente nel momento della morte, 
affinché un giorno possiamo trovarci tutti riuniti nel cielo intorno a voi, 
per amarvi e insieme benedirvi per tutta l'eternità. 

Amen. 

(Associazione famiglie consacrate alla S. Famiglia - approvata da Pio lX, 1870)

Gesù, o Giuseppe, o Maria, o Sacra ed amabilissima Famiglia che lassù nel cielo regnate trionfante, volgete benigna uno sguardo sopra questa nostra famiglia che vi sta ora prostrata dinnanzi, in atto di consacrarsi tutta al vostro servizio, alla vostra esaltazione e al vostro amore, ed accogliete pietosamente la sua preghiera.
Noi, o divina Famiglia, desideriamo vivamente che sia da tutti conosciuta e riverita la vostra ineffabile santità, la vostra grande potenza e la vostra eccellenza. Desideriamo anche che voi, col vostro amoroso e onnipotente patrocinio, veniate a regnare tra noi e sopra di noi che, come sudditi fedeli, intendiamo e vogliamo dedicarci tutti a voi e prestarvi costantemente l'omaggio della nostra servitù. Sì, o Gesù, Giuseppe e Maria, disponete pure d'ora innanzi di noi e di tutte le nostre cose, secondo la vostra santissima volontà, e come ai vostri cenni avete nel cielo pronti ed obbedienti gli Angeli, così noi promettiamo che cercheremo sempre di compiacervi e saremo felici di poter vivere sempre in conformità dei vostri Santi e celesti costumi e di compiacere in tutte le nostre azioni il vostro gusto.
E voi, o augusta Famiglia del Verbo Incarnato, vi prenderete certo cura di noi: voi ci provvederete ogni giorno di quanto ci sarà necessario per l'anima e per il corpo, al fine di poter vivere una vita onesta e cristiana.
Benedetta Famiglia di Gesù, Giuseppe e Maria, non vogliate trattarci come purtroppo meriteremmo, per le offese che vi abbiamo recato con tanti nostri peccati, ma in cambio perdonateci, come noi per amore vostro intendiamo perdonare a tutti i nostri offensori, e vi promettiamo che d'ora in poi sacrificheremo ogni cosa per conservare con tutti, ma specialmente fra noi familiari, la concordia e la pace.
O Gesù, o Giuseppe, o Maria, non permettete che i nemici di ogni bene prevalgano mai contro di noi; ma liberate ciascuno di noi e la nostra famiglia da ogni vero male, sia temporale che eterno.
Noi pertanto, tutti qui insieme uniti, come un cuor solo e un'anima sola, ci dedichiamo sinceramente a voi, e fin da questo momento vi promettiamo di servirvi fedelmente e di vivere tutti consacrati al vostro servizio e alla vostra gloria. In ogni nostro bisogno, con tutta la confidenza e la fiducia che voi meritate, ricorreremo a voi. In ogni occasione vi onoreremo, vi esalteremo e cercheremo di innamorare tutti i cuori di voi, sicuri che ai nostri umili omaggi voi darete la vostra potente benedizione, che ci proteggerete in vita, che ci assisterete in morte e che finalmente ci ammetterete in cielo a godere con voi per tutti i secoli dei secoli. Amen. 
(Con approvazione ecclesiastica, Milano, 1890)


O Santissima Famiglia di Nazareth, Gesù, Maria e Giuseppe 
in questo momento noi ci consacriamo 
realmente a voi con tutto il nostro cuore. 

Per noi la vostra protezione, 
per noi la vostra guida contro i mali di questo mondo, 
fino a quando le nostre famiglie 
saranno sempre solide nell'amore infinito di Dio. 

Gesù, Maria e Giuseppe,
 noi vi amiamo con tutto il nostro cuore. 
Vogliamo essere totalmente vostri. 

Vi preghiamo di aiutarci a fare la volontà del vero Dio. 
Guidateci sempre alla gloria del Cielo,
 adesso e per tutto l'avvenire. 
Amen. 


Preghiere alla S.Famiglia

San Giuseppe, voi siete mio Padre; 
Maria Santissima, voi siete mia Madre; 
Gesù, voi siete mio Fratello.

Siete voi che mi avete invitato ad entrare nella Vostra Famiglia,
 e mi avete detto che da tempo desideravate prendermi sotto la vostra protezione.

Quanta degnazione! Io merito ben altro, voi lo sapete. 
Che io non abbia a disonorarvi, 
ma possano compiersi fedelmente
 i vostri amorosi disegni sopra di me, 
onde possa un giorno essere ricevuto 
nella vostra compagnia in Cielo. 
Amen.


Gesù, Maria, Giuseppe, benediteci e concedeteci la grazia
di amare la S. Chiesa sopra ogni altra cosa terrena
e di dimostrarle il nostro amore sempre e con la prova dei fatti.

Padre nostro; Ave o Maria; Gloria al Padre

Gesù, Maria, Giuseppe, benediteci e concedeteci la grazia
di professare apertamente, con coraggio e senza umani rispetti,
la fede che ricevemmo in dono col santo Battesimo.

Padre nostro; Ave o Maria; Gloria al Padre

Gesù, Maria, Giuseppe, benediteci e concedeteci la grazia
di concorrere alla difesa e all'incremento della fede,
per la parte che ci può spettare, con la parola, con le opere, col sacrificio della vita.

Padre nostro; Ave o Maria; Gloria al Padre

Gesù, Maria, Giuseppe, benediteci e concedeteci la grazia
di amarci tutti scambievolmente e metteteci in perfetta concordia di pensiero,
di volontà e di azione, sotto la guida e la dipendenza dei nostri sacri Pastori.

Padre nostro; Ave o Maria; Gloria al Padre

Gesù, Maria, Giuseppe, benediteci e concedeteci la grazia
di conformare pienamente la nostra vita ai precetti della legge di Dio e della Chiesa,
per vivere sempre della carità di cui essi sono il compendio. Così sia.

Padre nostro; Ave o Maria; Gloria al Padre


Atto di affidamento personale

O Gesù, Maria e S. Giuseppe,
 io mi affido pienamente a Voi,
per compiere sotto la nostra guida,
 il mio cammino di santità,
come Gesù si sottomise a Voi
nella sua crescita in sapienza e grazia.
Vi accolgo nella mia vita
per lasciarmi formare alla scuola di Nazareth
 e realizzare la volontà che Dio ha su di me.
Amen

GLI ANGELI CUSTODI


PREGHIERE ALL'ANGELO CUSTODE
Angelo benignissimo, mio custode, tutore e maestro, mia guida e difesa, mio sapientissimo consigliere e amico fedelissimo, a te io sono stato raccomandato, per la bontà del Signore, dal giorno in cui nacqui fino all’ultima ora della mia vita. Quanta riverenza di debbo, sapendo che mi sei dovunque e sempre vicino! Con quanta riconoscenza ti devo ringraziare per l’amore che nutri per me, quale e quanta confidenza per saperti il mio assistente e difensore! Insegnami, Angelo Santo, correggimi, proteggimi, custodiscimi e guidami per il diritto e sicuro cammino alla Santa Città di Dio. Non permettere che io faccia cose che offendano la tua santità e la tua purezza. Presenta i miei desideri al Signore, offrigli le mie orazioni, mostragli le mie miserie e impetrami il rimedio di esse dalla sua infinita bontà e dalla materna intercessione di Maria Santissima, tua Regina. Vigila quando dormo, sostienimi quando sono stanco, sorreggimi quando sto per cadere, alzami quando sono caduto, indicami la via quando sono smarrito, rincuorami quando mi perdo d’animo, illuminami quando non vedo, difendimi quando sono combattuto e specialmente nell’ultimo giorno della mia vita, siimi scudo contro il demonio. In grazia della tua difesa e della tua guida, ottienimi infine di entrare nella tua gloriosa dimora, dove per tutta l’eternità io possa esprimerti la mia gratitudine e glorificare assieme a te il Signore e la Vergine Maria, tua e mia Regina. Amen.


O Dio, che nella Tua misteriosa Provvidenza, mandi dal cielo i Tuoi angeli a nostra custodia e protezione, fa che nel cammino della vita siamo sempre sorretti dal loro 
aiuto per pervenire con loro alla gioia eterna. Per Cristo Nostro Signore.


CONSACRAZIONE ALL'ANGELO CUSTODE

Santo angelo custode,
sin dall’inizio della mia vita
mi sei stato dato come protettore e compagno.
Qui, al cospetto
del mio Signore e mio Dio,
della mia celeste Madre Maria
e di tutti gli angeli e i santi
io  (nome) povero peccatore
mi voglio consacrare a te.

Prometto di essere sempre fedele
e ubbidiente a Dio e alla santa Madre Chiesa.
Prometto di essere sempre devoto a Maria,
mia Signora, Regina e Madre, e di prenderla
a modello della mia vita.

Prometto di essere devoto anche a te,
mio santo protettore e di propagare secondo le mie forze
la devozione agli angeli santi che ci viene concessa
in questi giorni quale presidio ed ausilio
nella lotta spirituale
per la conquista del Regno di Dio.

Ti prego, angelo santo, di concedermi
tutta la forza dell’amore divino affinché
ne venga infiammato, e tutta  la forza della fede
affinché non cada mai più in errore.
Fa’ che la tua mano mi difenda dal nemico.

Ti chiedo la grazia dell’umiltà di Maria
affinché sfugga a tutti i pericoli e,
guidato da te, raggiunga in cielo
l’ingresso della Casa del Padre.
Amen.


INVOCAZIONE AGLI ANGELI CUSTODI

Assisteteci, Angeli custodi, soccorso nel bisogno, conforto nella disperazione, luce nelle tenebre, protettori nei pericoli, ispiratori di buoni pensieri, intercessori presso Dio, scudi che respingono il nemico malvagio, compagni fedeli, amici verissimi, prudenti consiglieri, specchi d’umiltà e purezza.

Assisteteci, Angeli delle nostre famiglie, Angeli dei nostri figli, Angelo della nostra parrocchia, Angelo della nostra città, Angelo del nostro paese, Angeli della Chiesa, Angeli dell’universo.
Amen.


PREGHIERINE AGLI ANGELI CUSTODI
Angioletto Santo stammi vicino, 
dammi la mano che sono piccino.
Se tu mi guidi col tuo sorriso,
andremo insieme in paradiso

Angioletto mio, mandato dal buon Gesù,
per tutta la notte vegliami tu.
Angioletto mio, mandato dal buon Gesù,
per tutto il giorno proteggimi tu.


PREGHIERA ALL'ANGELO CUSTODE
(di San Pio da Pietralcina)

O santo angelo custode, abbi cura dell’anima mia e del mio corpo.
Illumina la mia mente perché conosca  meglio il Signore
e lo ami con tutto il cuore.
Assistimi nelle mie preghiere perché non ceda alle distrazioni
ma vi ponga la più grande attenzione.
Aiutami con i tuoi consigli, perché veda il bene
e lo compia con generosità.
Difendimi dalle insidie del nemico infernale e sostienimi nelle tentazioni
perché riesca sempre vincitore.
Supplisci alla mia freddezza nel culto del Signore:
non cessare di attendere alla mia custodia
finché non mi abbia portato in Paradiso,
ove loderemo insieme il Buon Dio per tutta l’eternità.


PREGHIERA ALL'ANGELO CUSTODE
(di San Francesco di Sales)

S. Angelo, Tu mi proteggi fin dalla nascita.
A te affido il mio cuore: dallo al mio Salvatore Gesù, 
poiché appartiene a Lui solo.
Tu sei anche il mio consolatore nella morte!
Fortifica la mia fede e la mia speranza,
 accendi il mio cuore d'amore divino! 
Fa che la mia vita passata non mi affligga, 
che la mia vita presente non mi turbi, 
che la mia vita futura non mi spaventi. 
Fortifica la mia anima nelle angosce della morte; 
insegnami ad essere paziente, conservami nella pace! 
Ottienimi la grazia di gustare come ultimo cibo il Pane degli angeli! 
Fa che le mie ultime parole siano: Gesù, Maria e Giuseppe; 
che il mio ultimo respiro sia un respiro d'amore 
e che la tua presenza sia il mio ultimo conforto. 
Amen.


LITANIE AGLI ANGELI CUSTODI

Signore pietà, Signore pietà
Cristo pietà, Cristo pietà
Signore pietà, Signore Pietà
Cristo ascoltaci, Cristo ascoltaci
Cristo esaudiscici, Cristo esaudiscici

Padre dei cielo che sei Dio, abbi pietà di noi
Figlio Redentore del mondo che sei Dio, abbi pietà di noi
Spirito Santo che sei Dio, abbi pietà di noi
Santissima Trinità, unico Dio, abbi pietà di noi

Santa Maria, prega per noi
Santa Madre di Dio, prega per noi
Regina degli Angeli, prega per noi

San Michele, prega per noi
San Gabriele, prega per noi
San Raffaele, prega per noi
Voi tutti santi angeli ed arcangeli, 
pregate per noi
Voi tutti santi angeli custodi, 
pregate per noi
Voi santi angeli custodi che non vi allontanate mai dal nostro fianco, 
pregate per noi
Voi santi angeli custodi che siete in celestiale amicizia con noi, 
pregate per noi
Voi santi angeli custodi, nostri fedeli ammonitori, 
pregate per noi
Voi santi angeli custodi, nostri saggi consiglieri, 
pregate per noi
Voi santi angeli custodi che ci difendete da tanti mali del corpo e dell'anima, 
pregate per noi
Voi santi angeli custodi, nostri potenti difensori contro gli assalti del Maligno, 
pregate per noi
Voi santi angeli custodi, nostro rifugio nel tempo della tentazione, 
pregate per noi
Voi santi angeli custodi, che ci confortate nelle miserie e nel dolore, 
pregate per noi
Voi santi angeli custodi, che portate e avvalorate le nostre preghiere davanti al trono di Dio,
pregate per noi
Voi santi angeli custodi che con le vostre esortazioni ci aiutate a progredire nel bene, 
pregate per noi
Voi santi angeli custodi che, nonostante le nostre mancanze, non vi allontanate da noi, 
pregate per noi
Voi santi angeli custodi, che vi rallegrate quando diventiamo migliori, 
pregate per noi
Voi santi angeli custodi che ci aiutate quando inciampiamo e cadiamo, 
pregate per noi
Voi santi angeli custodi che vegliate e pregate mentre noi riposiamo, 
pregate per noi
Voi santi angeli custodi che non ci abbandonate nell'ora dell'agonia, 
pregate per noi
Voi santi angeli custodi che confortate le nostre anime nel Purgatorio, 
pregate per noi
Voi santi angeli custodi che conduceste in Cielo i giusti, 
pregate per noi
Voi santi angeli custodi, con i quali noi vedremo il volto di Dio e lo esalteremo in eterno, 
pregate per noi
Voi gloriosi Principi dei Cielo, 
pregate per noi

Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo, perdonaci, o Signore
Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo, ascoltaci, o Signore
Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo, abbi pietà di noi

PREGHIAMO 

Dio onnipotente ed eterno, che nella tua immensa bontà, 
hai messo vicino a ciascun uomo fin dal grembo materno uno speciale angelo
 a difesa del corpo e dell'anima, 
concedimi, di seguire fedelmente e di amare il mio santo angelo custode. 
Fa che, con la Tua grazia e sotto la sua protezione, 
giunga un giorno alla Patria Celeste e là, 
insieme con lui e con tutti i santi angeli, 
meriti di contemplare il tuo volto divino. 
Per Cristo nostro Signore. Amen.

Betlemme la Grotta della Natività

Betlemme - Basilica della Natività
La Grotta della Natività è secondo la tradizione il luogo dove Cristo nacque dalla Vergine Maria. Sulla Grotta fu edificata la basilica a cinque navate nella quale si entra attraverso un umile ingresso. Intorno alla Grotta della Natività ci sono altre grotte legate al ricordo di S. Girolamo. A fianco della basilica sorge la chiesa di S. Caterina preceduta da un piccolo chiostro.

La basilica del IV secolo fu sostituita nel VI secolo da un’altra di dimensioni maggiori, che è quella ancora oggi in piedi. In epoca crociata (XII sec.) le pareti furono abbellite di preziosi mosaici dai fondi incrostati d’oro e di madreperla, dei quali rimangono ampi frammenti con scene del Nuovo Testamento (nel transetto, con iscrizioni latine) e la rappresentazione simbolica di concili ecumenici (nella navata, con iscrizioni greche). Al di sopra delle colonne della navata in una fila di medaglioni sono raffigurati gli antenati di Gesù (con diciture latine). Uno degli angeli adoranti della parete sinistra ha ai piedi una iscrizione (in latino e in siriaco) con il nome dell’artista, il pittore Basilio. Scavi fatti negli anni 1934-35 (dal governo mandatario inglese) hanno riportato alla luce considerevoli resti dei mosaici pavimentali della basilica costantiniana, alcuni dei quali sono visibili tanto nella navata che nel transetto della basilica.
I francescani, che dimorano a Betlemme dal 1347, posseggono accanto alla basilica della Natività il proprio convento e una chiesa dedicata alla S. Martire Caterina. La chiesa esiste dal XII secolo e in seguito fu ripetutamente ampliata.


Dalla Bibblia: La nascita di Gesù

Statua di Gesù Bambino a Betlemme

In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra. Questo primo censimento fu fatto quando era governatore della Siria Quirinio. Andavano tutti a farsi registrare, ciascuno nella sua città. Anche Giuseppe, che era della casa e della famiglia di Davide, dalla città di Nazaret e dalla Galilea salì in Giudea alla città di Davide, chiamata Betlemme, per farsi registrare insieme con Maria sua sposa, che era incinta. Ora, mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia, perché non c’era posto per loro nell’albergo.
C’erano in quella regione alcuni pastori che vegliavano di notte facendo la guardia al loro gregge. Un angelo del Signore si presentò davanti a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande spavento, ma l’angelo disse loro: «Non temete, ecco vi annunzio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi vi è nato nella città di Davide un salvatore, che è il Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia». E subito apparve con l’angelo una moltitudine dell’esercito celeste che lodava Dio e diceva: «Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama».
Appena gli angeli si furono allontanati per tornare al cielo, i pastori dicevano fra loro: «Andiamo fino a Betlemme, vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere». Andarono dunque senz’indugio e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, che giaceva nella mangiatoia. E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro. Tutti quelli che udirono, si stupirono delle cose che i pastori dicevano. Maria, da parte sua, serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore.

(Luca 2,1-19)

Preghiera


Guida. In questo luogo santo nel quale si sono manifestati la bontà di Dio, Salvatore nostro, e il suo amore per gli uomini rivolgiamo la nostra preghiera a Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, nato dalla Vergine Maria, fiduciosi nella sua onnipotenza e misericordia. Tutti. Ascoltaci, o Signore.

1. Per la Chiesa diffusa su tutta la terra, perché in ogni tempo e luogo accolga e annunci Cristo Signore che la Vergine Maria ha concepito e generato in modo ineffabile. Preghiamo:
2. Per tutti i popoli della terra, perché nel Figlio di Dio nato da Maria e fatto concittadino del mondo riconoscano e accolgano l’unica salvezza e la vera pace. Preghiamo:
3. Per le autorità politiche e per chi opera nel campo sanitario, perché nel rispetto dei valori fondamentali proteggano la vita fin dal suo concepimento e promuovano l’assistenza alle madri in attesa. Preghiamo:
4. Per coloro che non hanno la gioia di credere in Cristo, perché illuminati dallo Spirito Santo possano accogliere anch’essi il messaggio di pace che il Natale di Gesù offre ad ogni persona di buona volontà. Preghiamo:
5. Per noi pellegrini e per tutta l’umanità, perché la grazia di Betlemme ci aiuti ad accogliere sempre di nuovo da Maria il dono del Salvatore e ad annunciarlo con la vita e la parola. Preghiamo:

Guida. O Padre, che non lasci delusi quanti sperano in te, accogli le nostre suppliche per intercessione di Maria, madre di Gesù Cristo, tuo Figlio, che è, che era e che viene. Egli vive e regna nei secoli dei secoli.
Tutti. Amen
 
La tradizione cristiana
Dopo i vangeli, la più antica testimonianza sul luogo della nascita di Gesù (verso la metà del II sec.) è del filosofo e martire Giustino, originario di Flavia Neapolis, odierna Nablus, in Palestina: “Al momento della nascita del bambino a Betlemme, poiché non aveva dove soggiornare in quel villaggio, Giuseppe si fermò in una grotta prossima all’abitato e, mentre si trovavano là, Maria partorì il Cristo e lo depose in una mangiatoia, dove i Magi venuti dall’Arabia lo trovarono”. In particolare la menzione della Grotta come abitazione di fortuna va riconosciuta come un’eco della viva tradizione locale, attestata anche nell’antichissimo apocrifo detto Protovangelo di Giacomo (II sec.), ripetuta da Origene (III sec.) e alla base di tutta la storia successiva del santuario betlemitano. Questa medesima Grotta fu circondata dalle magnifiche costruzioni dell’imperatore Costantino e di sua madre Elena non molto dopo il 325 d. C., come ci narra lo storico Eusebio di Cesarea, contemporaneo ai fatti. Nel 386, S. Girolamo si stabilì nei pressi della basilica, con la nobile matrona romana Paola e altri seguaci, vivendo vita monastica, dedicandosi allo studio della Bibbia e producendo la sua celebre versione latina (Vulgata), che divenne poi ufficiale nella Chiesa d’occidente.

Testi biblici


La visita dei Magi
Gesù nacque a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode. Alcuni Magi giunsero da oriente a Gerusalemme e domandavano: «Dov’è il re dei Giudei che è nato? Abbiamo visto sorgere la sua stella, e siamo venuti per adorarlo». All’udire queste parole, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme. Riuniti tutti i sommi sacerdoti e gli scribi del popolo, s’informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Messia. Gli risposero: «A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta: E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei davvero il più piccolo capoluogo di Giuda: da te uscirà infatti un capo che pascerà il mio popolo, Israele». Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire con esattezza da loro il tempo in cui era apparsa la stella e li inviò a Betlemme esortandoli: «Andate e informatevi accuratamente del bambino e, quando l’avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch’io venga ad adorarlo». Udite le parole del re, essi partirono. Ed ecco la stella, che avevano visto nel suo sorgere, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. Al vedere la stella, essi provarono una grandissima gioia. Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, e prostratisi lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. Avvertiti poi in sogno di non tornare da Erode, per un’altra strada fecero ritorno al loro paese.
(Matteo 2,1-12)

Fuga in Egitto e strage degli innocenti
Essi erano appena partiti, quando un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: «Alzati, prendi con te il bambino e sua madre e fuggi in Egitto, e resta là finché non ti avvertirò, perché Erode sta cercando il bambino per ucciderlo».
Giuseppe, destatosi, prese con sé il bambino e sua madre nella notte e fuggì in Egitto, dove rimase fino alla morte di Erode, perché si adempisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: Dall’Egitto ho chiamato il mio figlio.
Erode, accortosi che i Magi si erano presi gioco di lui, s’infuriò e mandò ad uccidere tutti i bambini di Betlemme e del suo territorio dai due anni in giù, corrispondenti al tempo su cui era stato informato dai Magi. Allora si adempì quel che era stato detto per mezzo del profeta Geremia: «Un grido è stato udito in Rama, un pianto e un lamento grande; Rachele piange i suoi figli e non vuole essere consolata, perché non sono più».
(Matteo 2,13-18)



La storia della Madonna di Guadalupe

L'apparizione di Guadalupe
9 dicembre 1531
- Messico -
La storia della Madonna di Guadalupe
L'apparizione, il 9 dicembre 1531, della "Morenita" all'indio Juan Diego, a Guadalupe, in Messico, è un evento che ha lasciato un solco profondo nella religiosità e nella cultura messicana. L'evento guadalupano fu un caso di “inculturazione” miracolosa: meditare su questo evento significa oggi porsi alla scuola di Maria, maestra di umanità e di fede, annunciatrice e serva della Parola, che deve risplendere in tutto il suo fulgore, come l'immagine misteriosa sulla tilma del veggente messicano, che la Chiesa ha di recente proclamato santo.
Con gli oltre venti milioni di pellegrini che lo visitano ogni anno, il santuario di Nostra Signora di Guadalupe, in Messico, è il più frequentato e amato di tutto il Centro e Sud America. Sono pellegrini di ogni razza e d'ogni condizione - uomini, donne, bambini, giovani e anziani - che vi giungono dalle zone limitrofe alla capitale o dai centri più lontani, a piedi o in bicicletta, dopo ore o, più spesso, giorni di cammino e di preghiera.
L’apparizione, nel XVI° secolo, della “Virgen Morena” all’indio Juan Diego e’ un evento che ha lasciato un solco profondo nella religiosità e nella cultura messicana. La basilica ove attualmente si conserva l'immagine miracolosa e’ stata inaugurata nel 1976. Tre anni dopo e’ stata visitata dal papa Giovanni Paolo II, che dal balcone della facciata su cui sono scritte in caratteri d'oro le parole della Madonna a Juan Diego: “No estoy yo aqui que soy tu Madre?”, ha salutato le molte migliaia di messicani confluiti al Tepeyac; nello stesso luogo, nel 1990,
ha proclamato beato il veggente Juan Diego, che è stato infine dichiarato santo nel 2002.
Che cosa era accaduto in quel lontano secolo XVI° in Messico? Con lo sbarco degli spagnoli nelle terre del continente latino-americano aveva avuto inizio la lunga agonia di un popolo che aveva raggiunto un altissimo grado di progresso sociale e religioso. Il 13 agosto 1521 aveva segnato il tramonto di questa civiltà, quando Tenochtitlan, la superba capitale del mondo atzeco, fu saccheggiata e distrutta. 

L'immane tragedia che ha accompagnato la conquista del Messico da parte degli spagnoli, sancisce per un verso la completa caduta del regno degli aztechi e per l’altro l’affacciarsi di una nuova cultura e civiltà originata dalla mescolanza tra vincitori e vinti. E’ in questo contesto che, dieci anni dopo, va collocata l’apparizione della Madonna a un povero indio di nome Juan Diego, nei pressi di Città del Messico. La mattina del 9 dicembre 1531, mentre sta attraversando la collina del Tepeyac per raggiungere la città, l’indio e’ attratto da un canto armonioso di uccelli e dalla visione dolcissima di una Donna che lo chiama per nome con tenerezza. La Signora gli dice di essere "la Perfetta Sempre Vergine Maria, la Madre del verissimo ed unico Dio" e gli ordina di recarsi dal vescovo a riferirgli che desidera le si eriga un tempio ai piedi del colle. Juan Diego corre subito dal vescovo, ma non viene creduto.
Tornando a casa la sera, incontra nuovamente sul Tepeyac la Vergine Maria, a cui riferisce il suo insuccesso e chiede di essere esonerato dal compito affidatogli, dichiarandosene indegno. La Vergine gli ordina di tornare il giorno seguente dal vescovo, che, dopo avergli rivolto molte domande sul luogo e sulle circostanze dell’apparizione, gli chiede un segno. La Vergine promette di darglielo l'indomani. Ma il giorno seguente Juan Diego non può tornare: un suo zio, Juan Bernardino, è gravemente ammalato e lui viene inviato di buon mattino a Tlatelolco a cercare un sacerdote che confessi il moribondo; giunto in vista del Tepeyac decide perciò di cambiare strada per evitare l’incontro con la Signora. Ma la Signora è là, davanti a lui, e gli domanda il perchè di tanta fretta. Juan Diego si prostra ai suoi piedi e le chiede perdono per non poter compiere l’incarico affidatogli presso il vescovo, a causa della malattia mortale dello zio. La Signora lo rassicura, suo zio è già guarito, e lo invita a salire sulla sommità del colle per cogliervi i fiori. Juan Diego sale e con grande meraviglia trova sulla cima del colle dei bellissimi "fiori di Castiglia": è il 12 dicembre, il solstizio d’inverno secondo il calendario giuliano allora vigente, e né la stagione né il luogo, una desolata pietraia, sono adatti alla crescita di fiori del genere. Juan Diego ne raccoglie un mazzo che porta alla Vergine, la quale però gli ordina di presentarli al vescovo come prova della verità delle apparizioni. Juan Diego ubbidisce e giunto al cospetto del presule, apre il suo mantello e all’istante sulla tilma si imprime e rende manifesta alla vista di tutti l'immagine della S. Vergine. Di fronte a tale prodigio, il vescovo cade in ginocchio, e con lui tutti i presenti. La mattina dopo Juan Diego accompagna il presule al Tepeyac per indicargli il luogo in cui la Madonna ha chiesto le sia innalzato un tempio. Nel frattempo l'immagine, collocata nella cattedrale, diventa presto oggetto di una devozione popolare che si è conservata ininterrotta fino ai nostri giorni. La Dolce Signora che si manifestò sul Tepeyac non vi apparve come una straniera. Ella infatti si presenta come una meticcia o morenita, indossa una tunica con dei fiocchi neri all’altezza del ventre, che nella cultura india denotavano le donne incinte. E’ una Madonna dal volto nobile, di colore bruno, mani giunte, vestito roseo, bordato di fiori. Un manto azzurro mare, trapuntato di stelle dorate, copre il suo capo e le scende fino ai piedi, che poggiano sulla luna. Alle sue spalle il sole risplende sul fondo con i suoi cento raggi. L'attenzione si concentra tutta sulla straordinaria e bellissima icona guadalupana, rimasta inspiegabilmente intatta nonostante il trascorrere dei secoli: questa immagine, che non è una pittura, né un disegno, né è fatta da mani umane, suscita la devozione dei fedeli di ogni parte del mondo e pone non pochi interrogativi alla scienza, un po’ come succede ormai da anni col mistero della Sacra Sindone.
La scoperta più sconvolgente al riguardo è quella fatta, con l'ausilio di sofisticate apparecchiature elettroniche, da una commissione di scienziati, che ha evidenziato la presenza di un gruppo di 13 persone riflesse nelle pupille della S. Vergine: sarebbero lo stesso Juan Diego, con il vescovo e altri ignoti personaggi, presenti quel giorno al prodigioso evento in casa del presule. Un vero rompicapo per gli studiosi, un fenomeno scientificamente inspiegabile, che rivela l'origine miracolosa dell'immagine e comunica al mondo intero un grande messaggio di speranza. Nostra Signora di Guadalupe, che appare a Juan Diego in piedi, vestita di sole, non solo gli annuncia che è nostra madre spirituale, ma lo invita – come invita ciascuno di noi - ad aprire il proprio cuore all'opera di Cristo che ci ama e ci salva. Meditare oggi sull'evento guadalupano, un caso di “inculturazione” miracolosa, significa porsi alla scuola di Maria, maestra di umanità e di fede, annunciatrice e serva della Parola, che deve risplendere in tutto il suo fulgore, come l'immagine misteriosa sulla tilma del veggente messicano, che la Chiesa ha recentemente proclamato santo.

Autore: Maria Di Lorenzo
Il primo apostolo del Nuovo Mondo
La Vergine sceglie come suo interlocutore un "povero indio", Juan Diego, nato verso il 1474 e morto nel 1548 a Guadalupe, che prima di convertirsi al cattolicesimo portava un affascinante nome azteco, Cuauhtlotatzin, che sta a significare "colui che grida come un’aquila".
Varie fonti ci tramandano i dati biografici del veggente del Tepeyac: egli è un macehual, cioè un uomo del popolo, piccolo coltivatore diretto in un modesto villaggio: poco più di niente, nella società azteca complessa e fortemente gerarchizzata. Cuauhtlotatzin fu tra i primi a ricevere il Battesimo, nel 1524, all’età di cinquant’anni, quando gli viene imposto il nuovo nome cristiano di Juan Diego; e con lui viene battezzata anche la moglie Malintzin, che prende a sua volta il nome di Maria Lucia.
Il neoconvertito si distingueva in mezzo agli altri per la sollecitudine nel frequentare la catechesi e i sacramenti, senza badare ai sacrifici che questo richiedeva: si poneva in cammino fin dalle prime ore del giorno per raggiungere Santiago di Tlatelolco, dove i Frati francescani radunavano gli indigeni per catechizzarli. Rimasto vedovo dopo solo quattro anni, Juan Diego orienta la sua vita ancora più decisamente verso Dio: trascorre tutto il suo tempo fra il lavoro dei campi e le pratiche della religione cristiana, fra cui l'ascolto della catechesi impartita agli indigeni neoconvertiti dai Missionari spagnoli. Conduce una vita esemplare che edifica molti.
Anonimo, Il Padre Eterno dipinge l'immagine della Vergine di Guadalupe, Sec. XVIII, Col. MBG.
Anonimo, Il Padre Eterno dipinge l'immagine della Vergine di Guadalupe, Sec. XVIII, Col. MBG.
L'esperienza eccezionale vissuta dall’indio sul Tepeyac s'inserisce in un’esistenza già trasformata dalla grazia del Battesimo e cementata dall’incontro con la Madre di Dio che ne potenzia in modo straordinario il cammino di fede, fino a spingerlo ad abbandonare tutto, casa e terra, per trasferirsi in una casetta che il Vescovo Zumàrraga gli ha fatto costruire a fianco della Cappella eretta in onore della Vergine di Guadalupe. Qui Juan Diego vive per ben 17 anni in penitenza e orazione, assoggettandosi agli umili lavori di sagrestano, senza mai mancare al suo impegno di testimoniare quanto Maria ha fatto per lui e può fare per tutti quelli che con affetto filiale vorranno rivolgersi al suo cuore di Madre.
La morte lo coglie nel 1548, quando ha ormai 74 anni. La sua fama di santità, che già l’aveva accompagnato in vita, cresce nel tempo fino ai nostri giorni, finché nel 1984 si dette finalmente inizio alla sua Causa di beatificazione e si pose mano all'elaborazione della Positio, orientata a comprovarne non solo il culto, da tempo immemorabile, ma anche a dimostrare le virtù del Servo di Dio e a illustrarne la vita, indipendentemente dall'evento guadalupano.
Attraverso una solida base documentale si voleva cioè dimostrare che Juan Diego, per i suoi soli meriti di Cristiano, era degno di assurgere agli onori degli altari. Così, al termine di un complesso iter ecclesiastico, con il decreto Exaltavit humiles del 6 maggio 1990, se ne è finalmente concessa la memoria liturgica, fissata al 9 dicembre, data della prima apparizione della "Virgen Morena" a Guadalupe.
Il disegno mostra ben visibili
gli elementi essenziali
presenti nella
tilma
della Vergine di Guadalupe:
le stelle e i
fiori-tepetl,
i lembi neri della cintura
(segno di gravidanza),
il fiore a quattro petali
(
quincunce, simbolo geroglifico
della divinità).

Il disegno mostra ben visibili gli elementi essenziali presenti nella tilma della Vergine di Guadalupe.
Notizie tratte dal sito www.santiebeati.it
Dieci anni dopo la conquista del Messico
La Madonna di Guadalupe:
un caso di "inculturazione" miracolosa
di Giulio Guerra
La devozione e la sua diffusione
Il culto della Madonna di Guadalupe si diffonde rapidamente in tutto il Messico, ma incontra anche alcune opposizioni, particolarmente in quei religiosi che temono una sopravvivenza, sotto una maschera di devozione cristiana, dei culti idolatrici da poco abbandonati dagli indios. Infatti la collina del Tepeyac era stata, in epoca precolombiana, sede di un tempio di Tonantzín, una dea azteca il cui nome significa "nostra venerata madre", tempio distrutto durante la conquista.
 Dopo le apparizioni della Madonna di Guadalupe e l'edificazione dell'ermita, il luogo è definitivamente consacrato al culto cristiano della Vergine Maria; ma gli indios "[...] oggi che lì è stata edificata la chiesa di Nostra Signora di Guadalupe la chiamano ancora Tonantzín, prendendo spunto dai Predicatori che chiamano col nome di Tonantzín Nostra Signora, la Madre di Dio. Quale sia l'origine di questo attributo non si sa con certezza. Ma con certezza sappiamo che il vocabolo deriva dal primitivo culto della Tonantzín antica. Ed è cosa cui si doveva rimediare, perché il nome proprio della Madre di Dio, Signora Nostra, non è Tonantzín, ma Dios y nantzin". Così lo storico padre Bernardino de Sahagún O.F.M., che - tacendo sull'apparizione per non negare un fatto la cui origine soprannaturale è stata riconosciuta dalla locale autorità ecclesiastica - nella seconda metà del secolo XVI critica il nome con cui gli indios venerano la Vergine del Tepeyac, nome che al contrario i domenicani giudicano, dato il significato, perfettamente compatibile con la fede cristiana; decisamente "anti-apparizionista" è, invece, il padre provinciale dei francescani, Francisco Bustamante, che l'8 settembre 1556 nega in una sua predica l'apparizione e l'origine miracolosa dell'immagine, affermando che si tratta di un dipinto di un pittore indio, un certo Marcos Cipac.
Sono voci isolate, che non ostacolano minimamente il diffondersi della devozione alla Madonna di Guadalupe, peraltro incoraggiata dalla Chiesa messicana. Così, nel 1557, il nuovo arcivescovo, padre Alonso de Montúfar O.P., fa costruire un'ermita più grande di quella eretta ventisei anni prima dal suo predecessore, e il 10 settembre 1600 vi è la posa della prima pietra del primo vero santuario, la "iglesia de los indios", che viene consacrato nel novembre del 1622; il 25 settembre 1629, quando uno straripamento del lago sommerge totalmente Città di Messico e i suoi sobborghi, l'immagine viene trasportata solennemente in canoa dal santuario alla cattedrale, per implorare dalla Vergine la fine dell'alluvione.
Fra le testimonianze del rapido diffondersi della devozione alla Madonna di Guadalupe anche fuori del Messico e dell'America Latina, è particolarmente significativa la presenza di una copia dell'immagine del Tepeyac nella cabina dell'ammiraglio Gian Andrea Doria - che l'aveva avuta in dono da re Filippo II - alla battaglia di Lepanto, nel 1571. Tale copia - una delle più antiche ancora esistenti - si trova oggi nella chiesa parrocchiale di Santo Stefano d'Aveto, in provincia di Genova.
Tuttavia la devozione alla Madonna di Guadalupe rimane sempre un culto locale, privo di quella "ufficialità" che può venirgli solo dalla Santa Sede. Così fra il 1662 e il 1666, allo scopo di ottenere l'istituzione, per il giorno 12 dicembre, della festività della Madonna di Guadalupe con Ufficio e Messa propri, per la prima volta vengono raccolte ufficialmente testimonianze sull'apparizione e viene fatta esaminare l'immagine da medici e da pittori. I testimoni interrogati sono: otto anziani abitanti di Cuauhtitlán, il paese natale di Juan Diego, un meticcio e sette indios, uomini e donne, alcuni dei quali ultracentenari; dieci fra sacerdoti e religiosi di vari ordini; due nobili messicani, uno dei quali, il cavaliere di Santiago don Diego Caño Moteuczuma, nipote di Moctecuzoma Xocoyotzin, l'imperatore azteco - più noto in Italia come Montezuma II - che aveva accolto Hernán Cortés a Tenochtitlán. A queste testimonianze verbali si aggiunge un documento scritto da don Luis Becerra Tanco, studioso delle lingue e delle culture indigene del Messico. Tutte le testimonianze, in particolare quelle dei vecchi di Cuauhtitlán - i quali, fra l'altro, essendo analfabeti, non possono essere stati influenzati dai libri già stampati nel 1666 - concordano sostanzialmente con il Nican mopohua di Antonio Valeriano. In seguito a ciò, nel 1667 Papa Clemente IX emana una bolla in cui dichiara il 12 dicembre festa della Madonna di Guadalupe. 
Gli esami scientifici della "tilma"
Al 1666 risale anche il più antico esame scientifico dell'immagine "impressa" sulla tilma. Essa è costituita da due teli di ayate - un rozzo tessuto di fibre d'agave, usato in Messico dagli indios poveri per fabbricare abiti - cuciti insieme con filo sottile. Su di essa si vede l'immagine della Vergine, di dimensioni leggermente inferiori al naturale - la statura è di 143 centimetri - e di carnagione un po' scura, donde l'appellativo popolare messicano di Virgen Morena o Morenita, circondata dai raggi del sole e con la luna sotto i suoi piedi, secondo la figura della Donna dell'Apocalisse. I tratti del volto non sono né di tipo europeo né di tipo indio, ma piuttosto meticcio - cosa "profetica" al tempo dell'apparizione - così che oggi, dopo secoli di commistioni fra le due razze, la Vergine di Guadalupe appare tipicamente "messicana". Sotto la falce argentata della luna un angelo, le cui ali sono ornate di lunghe penne rosse, bianche e verdi, sorregge la Vergine che, sotto un manto verde-azzurro coperto di stelle dorate, indossa una tunica rosa "ricamata" di fiori in boccio dai contorni dorati, e stretta sopra la vita da una cintura color viola scuro: questa cintura - il "segno di riconoscimento", presso gli aztechi, delle donne incinte - indica che la Vergine è in procinto di donare agli uomini il Salvatore.
I risultati degli esami compiuti su questa immagine dai pittori e dagli scienziati nel 1666 sono i seguenti: è assolutamente impossibile che un'immagine così nitida sia stata dipinta a olio o a tempera sull'ayate, data la completa mancanza di preparazione di fondo; che il clima del luogo in cui l'immagine è stata esposta, senza alcuna protezione, per centotrentacinque anni è tale da distruggere in un tempo più breve qualsiasi pittura, anche se dipinta su tela di buona qualità e ben preparata, a differenza del rozzo ayate della tilma di Juan Diego.
Gli studi scientifici sull'immagine e sull'ayate proseguono nei secoli successivi, fino ai giorni nostri. Nel 1751 una commissione di sette pittori con a capo Miguel Cabrera è incaricata di compiere una nuova ispezione sull'ayate, e i risultati di essa vengono pubblicati cinque anni dopo dallo stesso Miguel Cabrera con il titolo Maravilla americana. Nel 1752 sempre Miguel Cabrera, con l'aiuto di due dei sei pittori che hanno esaminato con lui l'immagine l'anno precedente, esegue tre copie - una per l'arcivescovo di Città di Messico, una per Papa Benedetto XIV e la terza per sé, come "modello" per le altre copie che da ogni parte gli vengono richieste - ma al contempo riconosce l'impossibilità pratica di riprodurre fedelmente l'espressione e i tratti dell'originale, cosa già notata precedentemente su copie più antiche. Le conclusioni a cui giungono Miguel Cabrera e i suoi colleghi sono sostanzialmente le stesse a cui erano giunti i medici e i pittori nel 1666: l'immagine non è un dipinto, apparendo i colori come "incorporati" alla trama della tela; e non soltanto una pittura, ma lo stesso tessuto dell'ayate avrebbe dovuto disgregarsi in breve tempo nelle condizioni climatiche della radura ai piedi del Tepeyac.
Dell'impossibilità a resistere in simili condizioni da parte di una pittura eseguita senza preparazione del fondo testimonia l'esperimento condotto poco più di trent'anni dopo dal medico José Ignacio Bartolache. Fra il 1785 e il 1787 egli mette all'opera una squadra di filatori e di tessitori indigeni per far tessere degli ayates il più possibile simili a quello di Juan Diego, utilizzando due diversi tipi di fibra vegetale - solo nel 1976 si potrà accertare che il tessuto della tilma è ricavato da fibre di agave popotule -, ma senza riuscire a far riprodurre esattamente la consistenza dell'originale. Alla fine, stanco dei tentativi, sceglie gli ayates che gli sembrano, all'occhio e al tatto, meno peggiori e incarica cinque pittori di eseguire copie della Madonna di Guadalupe sulla tela non preparata, adoperando i colori e le tecniche di pittura in uso duecentocinquant'anni prima. Una di queste copie - dipinta nel 1788 da Rafael Gutiérrez - viene collocata il 12 settembre dell'anno successivo sull'altare della Capilla del Pocito, da poco eretta accanto al santuario, che era stato completamente ricostruito, nella forma in cui lo si ammira ancor oggi, fra il 1695 e il 1709. Ma non vi resta a lungo: nonostante sia protetta da due robusti cristalli, la copia di Rafael Gutiérrez deve essere tolta dall'altare nel 1796 - sei anni dopo la morte di José Ignacio Bartolache - e riposta in un angolo della sacrestia, perché completamente rovinata. Frattanto, nel 1791, un incidente ha messo in luce un'altra singolare caratteristica dell'ayate. Alcuni operai, incaricati di pulire con una soluzione acquosa di acido nitrico al 50% la cornice d'oro che dal 1777 racchiude l'immagine, lasciano cadere inavvertitamente sulla tela parte della soluzione "detergente". Stando alle leggi della chimica, dovrebbe essere un danno irreparabile: infatti, l'acido nitrico reagisce non solo con le proteine presenti nei tessuti d'origine animale o vegetale dando loro un caratteristico colore giallo - la cosiddetta "reazione xantoproteica" - ma, soprattutto, con la cellulosa che costituisce la struttura portante delle fibre vegetali, disgregandole. Invece, nel caso dell'ayate della Madonna di Guadalupe, il tessuto è rimasto inspiegabilmente integro, e le due macchie giallastre della reazione xantoproteica - che non hanno, comunque, toccato la figura della Vergine - vanno sbiadendo con il passar del tempo. A questo si aggiunga un altro fatto, a tutt'oggi inspiegabile, notato anch'esso per la prima volta nella seconda metà del secolo XVIII e più volte confermato anche ai nostri giorni: l'ayate "respinge" gli insetti e la polvere, che invece si accumulano abbondantemente sul vetro e sulla cornice.
Ma i risultati più sorprendenti verranno dagli studi sull'immagine della Madonna di Guadalupe compiuti nel nostro secolo. Nel 1936, il direttore della sezione di chimica del Kaiser Wilhelm Institut di Heidelberg, dottor Richard Kuhn - premio Nobel per la Chimica nel 1938 -, ha la possibilità di analizzare due fili, uno rosso e uno giallo, provenienti da frammenti della tilma di Juan Diego, forse ritagliati nel 1777 per adattare alla cornice l'antico mantello, e poi conservati come reliquie. I risultati delle analisi, condotte con le tecniche più sofisticate allora disponibili, sono incredibili: sulle fibre non vi è traccia di coloranti, né vegetali, né animali, né minerali.
La tecnica più usata oggi per determinare la natura dei pigmenti è quella della fotografia ai raggi infrarossi, che vengono riflessi o assorbiti in maniera diversa dalle varie sostanze contenute nei pigmenti stessi. Una prima fotografia a raggi infrarossi dell'immagine della Madonna di Guadalupe è eseguita nel 1946 dal fotolitografo Jesús Castaño, ma finisce in archivio a causa della morte dell'autore. Finalmente, nel 1979, lo scienziato e pittore americano Philip Serna Callahan esegue una quarantina di fotografie all'infrarosso dell'immagine, sulle quali può compiere uno studio accurato. Tale studio, anche se viziato da qualche difetto nelle tecniche fotografiche, è il più accurato fra quelli compiuti sui colori che formano l'immagine e conferma nella sostanza gli studi precedenti: la quasi totalità della figura fa tutt'un corpo con il tessuto dell'ayate, con l'eccezione di alcune parti, come le mani, che appaiono ridipinte per ridurre la lunghezza delle dita, l'intera parte inferiore compresa la figura dell'angelo, l'argento della luna, l'oro dei raggi solari e delle stelle, e il bianco delle nubi che circondano i raggi stessi. A proposito di questi e di altri particolari, che Philip Serna Callahan definisce un po' troppo sbrigativamente "aggiunte", occorre fare alcune precisazioni. Dell'applicazione di una patina bianca sulle nubi - allo scopo di cancellare dei cherubini che, dipinti per eccesso di devozione intorno alla figura della Vergine, si erano deteriorati quasi sùbito - parla già nel 1668 padre Francisco Florencia S.J. nel suo libro Estrella del Norte de México . Così pure l'aggiunta d'oro ai raggi del sole e d'argento alla luna era già stata notata - e biasimata - dagli studiosi che avevano compiuto il primo esame scientifico nel 1666. Quanto alla cancellazione della corona che originariamente ornava il capo della Vergine, si tratta di un intervento assai recente, del 1895, eseguito dal pittore Salomé Pina per "far posto" alla corona d'oro massiccio che in quell'anno viene, con una cerimonia ufficiale, applicata all'immagine . Per quanto riguarda il resto dell'immagine, sembra difficile che possa avere subìto "aggiunte" nel senso inteso da Philip Serna Callahan: sia la più antica descrizione dell'immagine, In tilmatzintli, scritta con ogni probabilità da Antonio Valeriano nella seconda metà del secolo XVI e pubblicata da Luis Lasso de la Vega nel 1649 insieme con il Nican mopohua , sia la già menzionata copia presente alla battaglia di Lepanto - e quindi anteriore al 1571 - mostrano l'immagine come ci appare oggi, a parte ovviamente la corona cancellata nel 1895. È quindi più probabile che gli interventi di mano umana individuati da Philip Serna Callahan siano solo semplici ritocchi; e don Faustino Cervantes Ibarrola, nelle sue note al libro di Philip Serna Callahan, ritiene che siano stati apportati dal pittore indio Marcos Cipac - quello accusato da padre Francisco Bustamante O.F.M. di essere l'autore del "falso" dell'immagine di Nostra Signora di Guadalupe - al tempo della costruzione della seconda ermita da parte dell'arcivescovo padre Alonso de Montúfar O.P., probabilmente per riparare i danni arrecati alla tilma dall'esposizione per più di vent'anni in condizioni che avrebbero dovuto distruggere completamente qualunque ayate. In ogni caso, è significativo che anche le fotografie all'infrarosso abbiano dimostrato la natura "non manufatta" -acheropita, per dirla con il termine tecnico d'origine greca - della parte essenziale dell'immagine.
Ma i risultati più incredibili sono venuti dall'esame degli occhi della Vergine di Guadalupe. È noto che nell'occhio umano si formano tre immagini riflesse degli oggetti osservati - una sulla superficie esterna della cornea, la seconda sulla superficie esterna del cristallino e la terza, ovviamente rovesciata, sulla superficie interna del cristallino stesso - dette "immagini di Purkinje-Sanson" dai nomi dei due ricercatori che le scoprirono nel secolo XIX. Se tali immagini riflesse, oltre che negli occhi di una persona vivente, possono forse essere viste anche in una fotografia ad alta risoluzione del suo viso, non potranno certo mai vedersi negli occhi di un volto umano dipinto su una tela. Eppure, nel 1929, il fotografo Alfonso Marcué González, esaminando alcuni negativi dell'immagine della Madonna di Guadalupe, scorge nell'occhio destro qualcosa di simile al riflesso di un mezzo busto umano. La scoperta - tenuta segreta in attesa di esami più approfonditi - è confermata il 29 maggio 1951 dal fotografo ufficiale del santuario, José Carlos Salinas Chávez, che rilascia pubblica dichiarazione scritta di aver vista "[...] riflessa nella pupilla del lato destro della Vergine di Guadalupe la Testa di Juan Diego, accertandone subito la presenza anche sul lato sinistro" .
La presenza negli occhi della Vergine di questa presunta "testa di Juan Diego" viene confermata negli anni successivi dalle osservazioni di illustri oftalmologi, compiute anche direttamente sulla tilma priva del vetro protettivo, i quali riescono pure a individuare, nel solo occhio destro, la seconda e la terza immagine di Purkinje-Sanson. È una scoperta che rende ancora più "inspiegabile" l'immagine del Tepeyac, ma non è ancora tutto. Infatti, quando nel 1979 l'ingegnere peruviano José Aste Tonsmann, esperto di elaborazione elettronica delle immagini, viene a conoscenza della scoperta fatta da José Carlos Salinas Chávez ventotto anni prima, chiede di poter analizzare - con il metodo dell'elaborazione elettronica mediante computer, usato, fra l'altro, per la "decifrazione" delle immagini inviate sulla terra dai satelliti artificiali e dalle sonde spaziali - i riflessi visibili negli occhi della Madonna di Guadalupe. Con questo metodo - basato sulla scomposizione di una figura in "punti" luminosi e sulla "traduzione" della luminosità di ciascun punto nel "codice binario" del calcolatore - José Aste Tonsmann riesce a ingrandire le iridi degli occhi della Vergine fino a 2500 volte le loro dimensioni originarie, e a rendere, mediante opportuni procedimenti matematici e ottici, il più possibile nitide le immagini in esse contenute. Il risultato ha, ancora una volta, dell'incredibile: negli occhi della Madonna di Guadalupe è riflessa l'intera scena di Juan Diego che apre la sua tilma davanti al vescovo Juan de Zumárraga O.F.M. e agli altri testimoni del miracolo. In questa scena è possibile individuare, da sinistra verso destra guardando l'occhio: un indio seduto, che guarda in alto; il profilo di un uomo anziano, con la barba bianca e la testa segnata da un'avanzata calvizie e da qualcosa di simile alla chierica dei frati, molto somigliante alla figura del vescovo Juan de Zumárraga O.F.M. quale appare nel dipinto di Miguel Cabrera raffigurante il miracolo della tilma; un uomo più giovane, quasi sicuramente l'interprete Juan González; un indio dai lineamenti marcati, con barba e baffi, certamente Juan Diego, che apre il proprio mantello, ancora privo dell'immagine, davanti al vescovo; una donna dal volto scuro, forse una schiava nera; un uomo dai tratti spagnoli - quello già individuato dagli esami oftalmoscopici sulla tilma e inizialmente scambiato per Juan Diego - che guarda pensoso la tilma accarezzandosi la barba con la mano. Tutti questi personaggi stanno guardando verso la tilma, meno il primo, l'indio seduto, che sembra guardare piuttosto il viso di Juan Diego. Insomma, negli occhi dell'immagine della Madonna di Guadalupe vi è come una "istantanea" di quanto accaduto nel vescovado di Città di Messico al momento in cui l'immagine stessa si formò sulla tilma. Al centro delle pupille, poi, si nota, in scala molto più ridotta, un'altra "scena", del tutto indipendente dalla prima, in cui compare un vero e proprio "gruppo familiare" indigeno composto da una donna, da un uomo, da alcuni bambini, e - nel solo occhio destro - da altre persone in piedi dietro la donna.
La presenza di queste immagini negli occhi è, innanzi tutto, la conferma definitiva dell'origine prodigiosa dell'icona guadalupana: è materialmente impossibile dipingere tutte queste figure in cerchietti di circa 8 millimetri di diametro, quali sono le iridi della Madonna di Guadalupe, e per di più nell'assoluto rispetto di leggi ottiche totalmente ignote nel secolo XVI. Inoltre, la scena del vescovado come appare negli occhi della Vergine pone un altro problema: essa non è quella che poteva essere vista dalla supeficie della tilma, dato che vi compare Juan Diego con la tilma dispiegata davanti al vescovo. A questo proposito José Aste Tonsmann avanza l'ipotesi che la Madonna fosse presente, sebbene invisibile, al fatto, e abbia "proiettata" sulla tilma la propria immagine, avente negli occhi il riflesso di ciò che stava vedendo .
Un altro studio scientifico che ha dato risultati molto interessanti è quello relativo alla disposizione delle stelle sul manto della Vergine, disposizione che, pur essendo diversa da quelle "geometriche" tipiche dei cieli dipinti, per esempio, sulle volte di alcune chiese, sembra tutt'altro che casuale. Questo fatto, che mal si accorda con la sbrigativa definizione di "aggiunte" data da Philip Serna Callahan alle stelle del manto e ai disegni del broccato della tunica, spinge don Mario Rojas Sánchez, traduttore dei testi náhuatl sull'apparizione e studioso della cultura azteca, a uno studio accurato su questi due particolari dell'immagine di Guadalupe. Partendo dalla somiglianza fra i grandi fiori in boccio visibili sulla tunica della Vergine e il simbolo azteco del tépetl, cioè del monte, don Mario Rojas Sánchez ha identificato sulla tunica una "mappa" dei principali vulcani del Messico; quanto alle stelle, lo stesso sacerdote ha potuto accertare, grazie alla collaborazione di alcuni astronomi e dell'osservatorio Laplace di Città di Messico, che esse corrispondono alle costellazioni presenti sopra Città di Messico al solstizio d'inverno del 1531 - solstizio che, dato il calendario giuliano allora vigente, cadeva il 12 dicembre - viste però non secondo la normale prospettiva "geocentrica", ma secondo una prospettiva "cosmocentrica", ossia come le vedrebbe un osservatore posto "al di sopra della volta celeste"