Vi farò diventare pescatori di uomini
Dio
chiama noi. Si, chiama proprio noi che siamo fragili ed incostanti, che
ci lasciamo plagiare molte volte dalle confusioni del nostro tempo,
trascurando l’unica voce capace di dare senso e consistenza al nostro
camminare: il Verbo incarnato. Gesù, passando lungo la sua strada fissa
lo sguardo su di noi, occupati e preoccupati nelle nostre quotidiane
faccende, troppo affannati nelle nostre attività per sentire il richiamo
che ci invita a VIVERE, e non solo a passare per la storia.
Il
racconto di Marco ci presenta a Gesù che, mentre cammina lungo il mare
di Galilea, incontra ad alcuni pescatori e li invita ad associarsi alla
sua missione nell’annuncio del Vangelo di salvezza. È la storia di una
chiamata alla sequela e alla missione: “Seguitemi, vi farò diventare pescatori di uomini”.
Probabilmente Andrea e Simone non hanno capito il significato pieno di
quelle parole, tuttavia, visto che poco tempo prima il Battista lo aveva
indicato come “l’Agnello di Dio”, i chiamati “subito, lasciate le reti, lo seguirono”.
Nella
loro semplicità di pescatori, si verifica una risposta generosa:
lasciarono le loro reti, questi strumenti indispensabili di quel loro
lavoro che dava loro da vivere. I pescatori lasciarono, dunque, tutto
quel che dava loro un minimo di sicurezza per seguire quel Maestro che
prospettava davanti ai loro occhi un altro tipo di pesca, una pesca
insolita: la pesca degli uomini.
Gesù
chiama proprio loro, semplici pescatori; Gesù chiama proprio noi, nella
nostra fragilità, ad essere pescatori di uomini. Rispondere alla
chiamata di Dio significa, dunque, fidarsi di Lui e affidarsi a Lui,
anche quando la sua proposta sembra esser troppo al di sopra delle
nostre possibilità e capacità, quando sembra essere al di fuori del
nostro orizzonte quotidiano. Ma è sulla sua parola e per la sua grande
misericordia, che l’uomo può rispondere affermativamente alla chiamata
ed impegnarsi nella missione che gli viene affidata.
Simone,
Andrea, Giacomo e Giovanni non hanno dubitato, lasciarono le loro
barche, le loro reti, le loro case, i loro familiari, e seguirono Gesù,
rischiando tutta la loro esistenza sulla parola di Lui che li chiamava
ad un compito che, solo in seguito, avrebbero compreso in tutta la sua
portata e in tutto il suo valore: orientare gli uomini a Dio, avviarli
alla salvezza, annunciando loro il Regno e richiamandoli alla
conversione.
La
vocazione che ci è stata fatta esige, lo sappiamo, che si lasci
qualcosa o tutto per le esigenze del Regno. È infatti in vista della
missione, dell’annuncio e della testimonianza del Vangelo, che Dio
chiama, che Cristo chiama a condividere il suo cammino, qualunque sia la
forma che Egli ha scelto per ciascuno di noi.
Alcuni,
infatti, lasceranno definitivamente famiglia ed occupazioni; altri
continueranno ad operare nel loro ambiente ma con uno stile di vita
diverso, che sarà, esso stesso, annuncio del Vangelo. In ogni luogo, in
diverse maniere, ognuno di noi è chiamato ad assumere questo richiamo di
salvezza diventando pescatori di uomini.
È
questo il distacco che la sequela di Cristo chiede ad ogni uomo o
donna, un distacco, che non è negazione delle normali espressioni del
vivere, ma che comporta un nuovo orientamento della nostra vita avendo
come centro la figura, la parola, la presenza di Cristo, attorno al
quale, ogni esistenza deve ruotare, perché, come dice Paolo, “passa infatti la figura di questo mondo”, mentre la vita in Cristo è eterna, come eterna è la sua Parola che salva.
Dio,
dunque, chiama tutti, uomini e donne, chiama sempre, in ogni tempo e in
qualunque situazione, chiama nel suo Figlio Gesù e, ad ognuno, affida
una missione, alla quale dobbiamo dare il nostro libero consenso.
Tuttavia,
non è sempre facile dire si a Dio, e non tutti riescono ad accettare
facilmente il suo progetto, che è, in sostanza, una conversione dalla
quale nasce, successivamente, la missione dell’annuncio, una missione
che talvolta ci sembra di dover affrontare da soli, ma che in realtà è
sostenuta dallo Spirito, che ci aiuta a portarla a compimento.
Dietro
l’opera umana c’è sempre l’opera di Dio, la potenza dello Spirito. Lo
capiranno anche Andrea, Simone, Giacomo, Giovanni e gli altri che
formeranno il gruppo dei “dodici”, lo capiranno quando dopo la
resurrezione di Cristo per opera dello Spirito, ricorderanno e
comprenderanno le parole del Maestro quando aveva detto loro: “Quando
verrà il Paraclito, che vi manderò dal Padre, lo Spirito di verità, che
procede dal Padre, lui mi darà testimonianza, e anche voi mi renderete
testimonianza” (Gv.15,26-27).
Per questi testimoni, non importa a quale tempo essi appartengano, il Cristo ha pregato alla vigilia della sua morte: “Padre,
io ho dato loro la tua parola e il mondo li ha odiati, perché non sono
del mondo (…) non ti chiedo che tu li tolga dal mondo, ma che li
preservi dal maligno (…)Padre, consacrali nella verità (…)come tu mi hai
mandato nel mondo, così anch’io li ho mandati nel mondo. Per loro io
consacro me stesso, affinché siano, anch’essi, consacrati nella verità” (Gv.17,14-19).
Cari
amici, Dio chiama noi, chiama proprio noi che siamo fragili ed
incostanti, che siamo sommersi di tante preoccupazioni e agitazioni di
questo tempo. Gesù ci invita a VIVERE, non solo a passare per la storia.
Gesù ci invita perché crede nella nostra capacità di fare una opzione
per Lui. E anche se il compito che ci viene affidato ci sembra così
grande ed arduo, non vi dimenticate che la nostra forza si trova proprio
nella nostra fede. Perché crediamo, ci abbandoniamo, e nell’abbandono
fiducioso le nostre povere mani di pescatori sono in grado di assumere
questa nuova missione.
Questo
il senso profondo della “chiamata”: una vocazione alla conversione e
alla evangelizzazione; una vocazione alla Verità che santifica e che
salva; una vocazione che nasce dall’amore di Cristo Redentore e che
fruttifica, fecondata e sostenuta dalla preghiera di Lui, termine ultimo
di ogni esistenza.
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