martedì 31 dicembre 2013

Vi farò pescatori di uomini


 

Vi farò diventare pescatori di uomini
Dio chiama noi. Si, chiama proprio noi che siamo fragili ed incostanti, che ci lasciamo plagiare molte volte dalle confusioni del nostro tempo, trascurando l’unica voce capace di dare senso e consistenza al nostro camminare: il Verbo incarnato. Gesù, passando lungo la sua strada fissa lo sguardo su di noi, occupati e preoccupati nelle nostre quotidiane faccende, troppo affannati nelle nostre attività per sentire il richiamo che ci invita a VIVERE, e non solo a passare per la storia.
Il racconto di Marco ci presenta a Gesù che, mentre cammina lungo il mare di Galilea, incontra ad alcuni pescatori e li invita ad associarsi alla sua missione nell’annuncio del Vangelo di salvezza. È la storia di una chiamata alla sequela e alla missione: “Seguitemi, vi farò diventare pescatori di uomini”. Probabilmente Andrea e Simone non hanno capito il significato pieno di quelle parole, tuttavia, visto che poco tempo prima il Battista lo aveva indicato come “l’Agnello di Dio”, i chiamati “subito, lasciate le reti, lo seguirono”.
Nella loro semplicità di pescatori, si verifica una risposta generosa: lasciarono le loro reti, questi strumenti indispensabili di quel loro lavoro che dava loro da vivere. I pescatori lasciarono, dunque, tutto quel che dava loro un minimo di sicurezza per seguire quel Maestro che prospettava davanti ai loro occhi un altro tipo di pesca, una pesca insolita: la pesca degli uomini.
Gesù chiama proprio loro, semplici pescatori; Gesù chiama proprio noi, nella nostra fragilità, ad essere pescatori di uomini. Rispondere alla chiamata di Dio significa, dunque, fidarsi di Lui e affidarsi a Lui, anche quando la sua proposta sembra esser troppo al di sopra delle nostre possibilità e capacità, quando sembra essere al di fuori del nostro orizzonte quotidiano. Ma è sulla sua parola e per la sua grande misericordia, che l’uomo può rispondere affermativamente alla chiamata ed impegnarsi nella missione che gli viene affidata.
Simone, Andrea, Giacomo e Giovanni non hanno dubitato, lasciarono le loro barche, le loro reti, le loro case, i loro familiari, e seguirono Gesù, rischiando tutta la loro esistenza sulla parola di Lui che li chiamava ad un compito che, solo in seguito, avrebbero compreso in tutta la sua portata e in tutto il suo valore: orientare gli uomini a Dio, avviarli alla salvezza, annunciando loro il Regno e richiamandoli alla conversione.
La vocazione che ci è stata fatta esige, lo sappiamo, che si lasci qualcosa o tutto per le esigenze del Regno. È infatti in vista della missione, dell’annuncio e della testimonianza del Vangelo, che Dio chiama, che Cristo chiama a condividere il suo cammino, qualunque sia la forma che Egli ha scelto per ciascuno di noi.
Alcuni, infatti, lasceranno definitivamente famiglia ed occupazioni; altri continueranno ad operare nel loro ambiente ma con uno stile di vita diverso, che sarà, esso stesso, annuncio del Vangelo. In ogni luogo, in diverse maniere, ognuno di noi è chiamato ad assumere questo richiamo di salvezza diventando pescatori di uomini.
È questo il distacco che la sequela di Cristo chiede ad ogni uomo o donna, un distacco, che non è negazione delle normali espressioni del vivere, ma che comporta un nuovo orientamento della nostra vita avendo come centro la figura, la parola, la presenza di Cristo, attorno al quale, ogni esistenza deve ruotare, perché, come dice Paolo, “passa infatti la figura di questo mondo”, mentre la vita in Cristo è eterna, come eterna è la sua Parola che salva.
Dio, dunque, chiama tutti, uomini e donne, chiama sempre, in ogni tempo e in qualunque situazione, chiama nel suo Figlio Gesù e, ad ognuno, affida una missione, alla quale dobbiamo dare il nostro libero consenso.
Tuttavia, non è sempre facile dire si a Dio, e non tutti riescono ad accettare facilmente il suo progetto, che è, in sostanza, una conversione dalla quale nasce, successivamente, la missione dell’annuncio, una missione che talvolta ci sembra di dover affrontare da soli, ma che in realtà è sostenuta dallo Spirito, che ci aiuta a portarla a compimento.
Dietro l’opera umana c’è sempre l’opera di Dio, la potenza dello Spirito. Lo capiranno anche Andrea, Simone, Giacomo, Giovanni e gli altri che formeranno il gruppo dei “dodici”, lo capiranno quando dopo la resurrezione di Cristo per opera dello Spirito, ricorderanno e comprenderanno le parole del Maestro quando aveva detto loro: “Quando verrà il Paraclito, che vi manderò dal Padre, lo Spirito di verità, che procede dal Padre, lui mi darà testimonianza, e anche voi mi renderete testimonianza” (Gv.15,26-27).
Per questi testimoni, non importa a quale tempo essi appartengano, il Cristo ha pregato alla vigilia della sua morte: “Padre, io ho dato loro la tua parola e il mondo li ha odiati, perché non sono del mondo (…) non ti chiedo che tu li tolga dal mondo, ma che li preservi dal maligno (…)Padre, consacrali nella verità (…)come tu mi hai mandato nel mondo, così anch’io li ho mandati nel mondo. Per loro io consacro me stesso, affinché siano, anch’essi, consacrati nella verità” (Gv.17,14-19).
Cari amici, Dio chiama noi, chiama proprio noi che siamo fragili ed incostanti, che siamo sommersi di tante preoccupazioni e agitazioni di questo tempo. Gesù ci invita a VIVERE, non solo a passare per la storia. Gesù ci invita perché crede nella nostra capacità di fare una opzione per Lui. E anche se il compito che ci viene affidato ci sembra così grande ed arduo, non vi dimenticate che la nostra forza si trova proprio nella nostra fede. Perché crediamo, ci abbandoniamo, e nell’abbandono fiducioso le nostre povere mani di pescatori sono in grado di assumere questa nuova missione.
Questo il senso profondo della “chiamata”: una vocazione alla conversione e alla evangelizzazione; una vocazione alla Verità che santifica e che salva; una vocazione che nasce dall’amore di Cristo Redentore e che fruttifica, fecondata e sostenuta dalla preghiera di Lui, termine ultimo di ogni esistenza.

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